Almeno i nomi dei bugiardi

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«“So che forse non mi darete mai i colpevoli, ma almeno ditemi chi sono i bugiardi”. I bugiardi sono italiani, stanno in Italia; hanno avuto alte cariche. Chiediamo che i documenti sulle prime 48 ore siano finalmente resi pubblici. Meglio una verità vergognosa che non il silenzio di Stato, perché il silenzio di Stato ammazza la democrazia, ammazza le istituzioni», così Beppe Giulietti in un servizio andato in onda su RaiNews 24, per commentare il servizio uscito su l’Espresso per la firma di Andrea Palladino, con il quale vengono pubblicati documenti americani desecretati e che trattano proprio dell’assassinio a Mogadiscio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Una storia imbarazzante, quella dei depistaggi delle indagini sull’omicidio dei due giornalisti italiani, che stavano documentando quei traffici d’armi e rifiuti nocivi su cui Ilaria, nel 1994, aveva puntato la sua attenzione. Una storia imbarazzante perché coinvolgerebbe esponenti e dirigenti dell’intelligence nostrana, ben coscienti delle implicazioni che il loro lavoro avrebbe avuto sulle indagini. Indagini che avrebbero cercato di far luce sull’assassinio di due italiani.
«Come sindacato dei giornalisti Rai, come Cdr del Tg3 e Articolo 21 – ha annunciato Beppe Giulietti – dopo quest’inchiesta manderemo un esposto alla Procura: non c’è ragione alcuna di archiviare. Anche questi documenti confermano che c’è qualcosa ancora di torbido, di non detto. Documenti secretati che non sono stati resi pubblici: abbiamo quelli della CIA, ma non abbiamo alcuni documenti secretati dai servizi italiani. È ora e tempo che diventino pubblici, questi documenti».
Il Presidente della Camera Roberto Fico avrebbe espresso sensibilità, per andare nella direzione di rendere disponibili i documenti relativi all’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, così come per i documenti che sono ancora Top-secret e che sono legati alle stragi degli anni Settanta e Ottanta.
Palladino, con l’inchiesta pubblicata oggi su l’Espresso, svela quello che in certi ambienti sapevano tutti: che la Somalia era all’epoca un crogiolo di traffici: di armi e di rifiuti. E che erano italiani alcuni “registi” di quei traffici.
Le Procure che si sono interessate all’omicidio di Ilaria e Miran si sono trovate davanti muri di gomma e vicoli senza uscita, creati ad arte per impedire che venisse trovata la strada maestra che avrebbe potuto portare a un’imbarazzante verità.
Ora qualcosa potrebbe cambiare; i colleghi e gli amici di Ilaria e Miran ne sono convinti. Lo devono a mamma Luciana e papà Giorgio.


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