Ma perché equiparare Putin a Cajkovskij?

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Ma cosa c’entrano Il lago dei cigni o Lo schiaccianoci con i missili, le bombe a grappolo o gli ordigni al fosforo? E, soprattutto, come si può pensare che possa esserci un qualsiasi legame tra l’immortalità di Cajkovskij e la temporaneità, anche se tragica, di Putin?

Il rischio è che una tragedia venga trasformata in una inaccettabile farsa per un furore che non ha nulla di storico o di culturale.

Alla contingenza fatta di migliaia di morti, di bambini carne da cannone, di donne stuprate e uccise, di anziani costretti a vagare disperati senza casa e senza alimenti, frutto, tutto, di un’aggressione senza motivazioni credibili, noi continuiamo a ripetere quotidianamente e senza incertezze una durissima condanna. Allo stesso tempo cerchiamo di avviare ragionamenti su come si potrà, un giorno, tentare di ricostruire un legame tra popoli fratelli, accomunati da lingua, cultura, storia, oggi divisi dall’ossessione imperiale di un tiranno. Così, mentre Putin dà da bere ai fedelissimi e alle vittime della sua incessante propaganda che il suo obiettivo è difendere la Russia, spalleggiato dal patriarca Ki(ri)ll, pensa bene ad ingrassare i suoi conti, i suoi beni, i suoi panfili, le sue ville sparse per il mondo.

Con tutto questo, cosa c’entra ripeto, Cajkovskij, e cosa c’entrava qualche mese fa il gigante della letteratura mondiale Dostoevskij? Perché ostinarsi a scavare ulteriormente un solco che solo la violenza di un falsario della storia ha voluto tracciare tra due popoli fratelli. Perché, invece, non cominciare a ragionare su cosa si potrà fare perché dalla tragica desertificazione di oggi si costruisca un futuro possibile? Come fare? Credo che solo gli strumenti culturali potranno essere utilizzabili, così come la profonda umanità di due popoli con la loro arte, la letteratura, la musica, il balletto. Certo potrà servire, e molto, la volontà e la capacità di resistenza di oggi degli ucraini, ma dopo, quando finalmente saranno deposte le armi, come si potrà ricominciare?

Oggi che in mezzo a tanto furore opinionistico non viene risparmiato neppure il Papa, forse è proprio da Lui che dovrebbe arrivare il primo, vero insegnamento. Venerdì prossimo nell’ultima stazione della Via Crucis al Colosseo la Croce sarà portata da un’infermiera russa ed una ucraina, fianco a fianco, così come vivono quotidianamente nel loro lavoro. Il simbolo dei due popoli che senza averne colpa o, anche, consapevolezza, sono stati coinvolti in un’invasione antistorica, frutto di un inganno e di un tradimento. Solo da un loro nuovo incontro potrà avvenire la svolta e in loro aiuto, ancora una volta, interverranno letterati, musicisti, coreografi, ma anche intellettuali e giornalisti autonomi, capaci di coraggio e di indipendenza di giudizio. Gli esempi ci sono stati, alcuni tragici, altri ci sono tuttora e pronti a ricominciare oltre la censura e le prevaricazioni. Il nostro sostegno è e sarà sempre totale.


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