Lo scorso giovedì 12 giugno si è tenuta una manifestazione davanti alla vecchia direzione generale della Rai di viale Mazzini -ora chiusa a causa della presenza di amianto e per questo in ristrutturazione- promossa dal Coordinamento «Programmi Rai -Giusto Contratto», che raggruppa le assemblee di redazione di Report, Presa Diretta, Mi manda Rai 3, Indovina chi viene a cena, Il cavallo e la torre, Il Posto giusto, Elisir, Unomattina, Petrolio, La Vita in Diretta.
Alla riuscita iniziativa sono intervenuti rappresentanti delle forze di opposizione (da Giuseppe Conte, a Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, a Marco Furfaro), ai consiglieri di amministrazione Alessandro Di Majo e Roberto Natale, all’associazione Articolo21 con il coordinatore Giuseppe Giulietti, al presidente della Federazione della stampa Vittorio Di Trapani, oltre al segretario del sindacato dei giornalisti dell’azienda Daniele Macheda.
E proprio l’Usigrai è stato messo sul banco degli accusati, a causa dell’accordo siglato il 5 giugno che ha sì regolarizzato 127 nuovi contratti giornalistici per coloro che operano nelle citate rubriche, ma con la clausola di un loro utilizzo nelle redazioni regionali, dove dovrebbero rimanere per 5 anni con la possibilità di un successivo rientro se compatibile con le esigenze organizzative.
Traduciamo tutto ciò nella realtà effettiva. In un contesto in cui si annidano trappole e bavagli contro chi svolge un giornalismo di inchiesta spesso poco sopportato dai diversi poteri, ecco che proprio i luoghi che più si espongono nel racconto senza veli di fatti e misteri vengono sguarniti. E magari l’attuale direzione del servizio pubblico, notoriamente subalterna ai voleri del governo, sostituirà le persone transitate altrove con persone di fiducia.
Di qui una polemica forte e giustificata, che forse non può limitarsi alla critica al segretario del sindacato, cui probabilmente sono mancati suggerimenti e indirizzi alternativi o, magari, inascoltati.
Tuttavia, come è stato richiesto nel corso della manifestazione, nulla impedisce che l’accordo sia riaperto. Un’intesa sindacale non è il vangelo e neppure un testo della storia della letteratura. Si tratta di uno strumento atto a migliorare l’andamento di un servizio pubblico in difficoltà. Va sottolineato che senza fiction e rubriche di informazione o approfondimento il servizio pubblico sprofonderebbe sotto il livello di guardia.
Certamente, ora si capisce meglio perché nella stesura iniziale del Contratto di servizio proprio il giornalismo di inchiesta fosse scomparso tra le missioni aziendali, salvo essere recuperato grazie all’iniziativa delle opposizioni e della presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Barbara Floridia.
Bavagli, intercettazioni e spionaggio dei giornalisti, querele temerarie sono all’ordine del giorno.
Per di più, la riforma del sistema (non c’è solo la cosiddetta governance) è lontana e impigliata nell’inerzia della competente commissione del senato, dove piovono testi come se fosse una raccolta di francobolli. E l’8 agosto entrerà in vigore l’European Media Freedom Act (Emfa), che mette in causa la legittimità dello status quo.
Insomma, come ci insegnò Roberto Morrione, i testi vanno letti nel contesto in cui si inseriscono.
Roberto Natale ha accennato alla richiesta al vertice aziendale di riaprire l’intesa del 5 giugno.
È il minimo che ci si possa augurare, perché sguarnire le redazioni delle trasmissioni di inchiesta significa assistere alla vittoria a tavolino di TeleMeloni, forte di ulteriori manipolazioni e con l’assenza del pensiero critico.
Ci attendiamo una presa di posizione coerente delle anime libere e indipendenti. E suggeriamo, senza voler immaginare ingerenze, che gli organismi sindacali riconoscano l’errore e si ravvedano operosamente.
I vari protagonisti ne uscirebbero rafforzati e provvisti di maggiore autorevolezza.
Dice l’antico preverbio che sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico. E per coloro che hanno fede vale la regola aiutati che dio ti aiuta.
L’allarme è serio e un’ulteriore regressione reazionaria è alle porte.
(ndr: Le assemblee dei giornalisti Programmi Rai hanno organizzato un nuovo presidio per il 19 giugno dalle ore 10 sotto la sede Rai di via Asiago)