La prefazione di don Antonio al libro di Luciana Esposito

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Riportiamo di seguito la prefazione a firma di don Antonio Coluccia al libro “Nell’inferno della camorra di Ponticelli” di Luciana Esposito. Contiene lo spirito e la filosofia di chi lotta ogni giorno contro tutte le mafie e l’illegalità, sul posto. Come fanno don Antonio e Luciana.

 

Ho conosciuto Luciana qualche anno fa, nel corso di una manifestazione voluta per onorare la memoria delle vittime innocenti e condannare la mafia in tutte le sue forme, un’iniziativa promossa nel Salento, la mia terra, un luogo pieno di bellezza martoriato ogni giorno dalla malavita. La sua costanza e la sua determinazione l’hanno portata ad affrontare in prima persona la piaga sociale della camorra, che imperversa nelle strade di Ponticelli, spezzando tante vite e distruggendo, giorno dopo giorno, inesorabile come un cancro che sembra incurabile, il futuro dei nostri giovani.
Luciana, spesso osteggiata e persino delegittimata come professionista e come donna, ha pagato in prima persona la sua coraggiosa scelta: la lunga vicenda giudiziaria, che ha subito, vivendo momenti di angoscia e scoraggiamento, è finalmente un lontano ricordo e l’ha resa ancora più forte. Con la sua persona e con un’instancabile attività di giornalista attenta alle difficoltà del territorio in cui vive e lavora, testimonia quotidianamente il suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata con l’unica arma che ha deciso di imbracciare: la sua penna. Questo libro, che custodisce e racconta le vicende di piccoli grandi eroi ponticellesi in un arco temporale di circa quarant’anni, nasce dall’esigenza di raccontare la periferia di Napoli, con i suoi intricati e talvolta poco comprensibili meccanismi sociali, con le sue dolorose contraddizioni, con le richieste d’aiuto dei cittadini onesti troppo spesso soffocate dal rumore di chi avvelena questa terra. Esso vuole porsi come una testimonianza di cittadinanza attiva e quanto in esso narrato auspica di divenire exemplum per chi sceglie ogni giorno la via della legalità e della speranza, seppur in un contesto
sociale difficile, per chi sceglie di costruire invece che distruggere, per chi fa della speranza del cambiamento il principio guida del suo agire. Un territorio appartiene ai suoi cittadini, non al boss di
turno. Ma esso va amato, va protetto, va difeso: i nostri figli hanno diritto di scegliere di vivere liberi, non di finire stritolati nei legacci degli spacciatori di morte. È per loro che
dobbiamo trovare la forza di cambiare, di diffondere la cultura della vita. Tutti possiamo fare la differenza: ogni grande cammino inizia con un piccolo passo.


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