I bavagli di Lampedusa

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Non è la prima né sarà l’ultima volta. Quello degli attacchi ai rappresentanti dei media che si occupano di immigrazione é una delle strategie preferite per distogliere l’attenzione sui veri problemi legati ai flussi quando questi aumentano per fisiologici movimenti provocati da crisi di vario genere nei paesi di origine.
L’attacco ai giornalisti che documentano gli sbarchi a Lampedusa vedono l’aggravante delle aggressioni fisiche verso inviati e cameraman per terrorizzare con lo scopo di interrompere un’informazione scomoda. Scomoda ad alcuni abitanti dell’isola che imputano un calo del turismo e scomoda in generale a chi governa: qualsiasi sia l’orientamento politico, far vedere uomini donne e bambini sbarcati a migliaia non è ma stato gradito a qualsiasi rappresentante di governo, men che meno se si è proclamato un argine all’immigrazione senza poi poter mantenere la promessa.
Eppure, in entrambi i casi si potrebbe dimostrare il contrario: non ci sono cali preoccupanti del turismo a Lampedusa che in questi giorni ha come ogni anno riempito alberghi, ristoranti e stabilimenti . Oltre 40.400 gli “sbarchi” di turisti a giugno di quest’anno addirittura più dello stesso mese del 2022: se poi guardiamo il primo semestre vediamo che nel 2023 sono più di 96.500 contro gli 85.349 dell’anno precedente. Senza contare quelli sbarcati con i traghetti di linea.  Se c’è stato, un lieve calo si é registrato a inizio stagione a causa del maltempo che ha colpito la di la maggiore delle Pelagie e per un dirottamento verso altri lidi ora che é passata la pandemia e ci si può muovere con maggiore libertà fuori dall’Italia.
Dimostrato con i dati reali che la presenza di troppi giornalisti non mina il turismo nelle Pelagie,  i facinorosi provano a dirottare la protesta verso la “militarizzazione dell’isola”  sempre però causata dall’eccessiva attenzione dei media. Altra bufala immensa perché é proprio la presenza delle forze dell’ordine a garantire la separazione tra i provati migranti e gli allegri e rilassati bagnanti che al massimo incrociano i profughi sulle motovedette della guardia costiera e finanza quando mentre loro cantano e ballano su imbarcazioni da diporto .
Il gruppo di facinorosi che ha mandato in avanscoperta quattro ragazzini a tranciare cavi di trasmissione, a rompere telecamere, picchiare colleghi e tirare pietre addosso alle troupe aveva forse altri scopi che esulano dai migranti che tra l’atro arrivano e immediatamente vengono trasferiti altrove, senza incontrarsi mai con i turisti.
Resta il fatto che ogni attacco diretto ai giornalisti che documentano onestamente é un attacco ai cittadini, impedendo di fatto al fruitore, ovvero al cittadino che vuole essere informato, di essere informato.
Denunciare é l’unica arma che abbiamo tutti noi cronisti per impedire che si prosegua con atti intimidatori verso i reporter . Ci vuole coraggio e soprattutto ci vuole il supporto di ordine e federazione:  in particolare per chi non ha  il sostegno di un contratto regolare con un’azienda forte alle spalle. Così come ho potuto fare io stessa nel 2017 aggredita insieme ad operatore e assistente da due energumeni in Calabria. Io e i due operatori della troupe stavamo realizzando un servizio sulle infiltrazioni mafiose della locale cosca degli Arena all’interno del CARA di Isola Capo Rizzuto. Grazie al sostegno dell’Usigrai, della FNSI, di Giulia Giornaliste, il processo e andato avanti fino alla condanna in primo grado dei due imputati a 2 anni e 4 mesi ciascuno per violenza privata, con l’aggravante di aver agito in luogo pubblico e di aver impedito lo svolgimento del proprio lavoro.
Denunciare con le spalle protette é dunque il modo migliore per contrastare non solo il “bavagli di Lampedusa” ma tutti i tentativi di imporre il silenzio alla voce del giornalismo che non vuole farsi intimidire.


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