Il mare e la paura negli occhi dei bimbi sbarcati nel Salento

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Chissà com’è disegnare a mente un futuro libero, su una sedia a rotelle. In navigazione tra tempeste e bonacce da un capo all’altro del Mediterraneo.

Chissà cosa pensa un bambino che non può camminare sulle sue gambe e deve anche tenere a bada lo stomaco per il mal di mare, sapendo da dove è partito e non sapendo se e dove approderà. Specie poi se viaggia solo, senza la mamma ed il papà. Gli stessi che lo hanno gettato su una barca, al costo di tutti i loro risparmi e della loro felicità. Barattata per la sua.

Loro lo sanno, e loro soltanto.  Abbracciati quasi appiccicati addosso agli uomini scesi sotto coperta a tirarli fuori dal buio, sabato sera al porto di Santa Maria di Leuca. Teatro sempre aperto di uno spettacolo a due facce, quello degli sbarchi sulle coste del Salento (due in 24 ore, 187 gli stranieri arrivat, ndr). Bello quant’è bella l’accoglienza, di perizia e di cuore. Drammatico come drammatico è il fenomeno su cui lucrano le organizzazioni criminali.

Ma il teatro, si dice, è verità. E tutto questo è drammaticamente vero, e consueto che quasi non desta stupore.

L’altra sera tra gli ultimi 83 avventurieri della libertà sbarcati a Finis Terrae a  bordo di una barca a vela, c’erano due diversamente abili su sedia a rotelle e tre bambini paraplegici.  Punto.

Qualcosa deve muoversi, dentro e oltre, fino a  scardinare il meglio e il peggio di noi, a seconda.

Hanno sfidato i signori del malaffare, le convenzioni e la sorte, la paura e i finali già scritti e sono andati per mare. Nella montagna informe di incertezze che ci sovrasta, insegnano che un punto fermo resta. Ed è che la vita vale il rischio, sopra ogni cosa. Vale sempre.

Tra loro due scafisti, uno ucraino l’altro moldavo, mimetizzati – senza successo – e traditi tanto dalle dichiarazioni degli altri migranti, che da immagini e dati contenuti nei telefoni cellulari di questi ultimi. Moldavi e ucraini sono lupi di mare, scelti non a caso dalle organizzazioni che gestiscono l’affare a più zeri del traffico di vite.  Il pool immigrazione istituito anni or sono dalla procura distrettuale antimafia di Lecce, composto da GICO della guardia di finanza, squadra mobile e Digos della questura e carabinieri del nucleo investigativo e informativo,  ha stretto il cerchio in nottata attorno ai due traghettatori partiti da Smirne col carico di vite. I militari del GICO, su disposizione del pm di turno hanno condotto i due in carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La cronaca che s’incunea al cuore. È inevitabile, del resto.

Sul secondo fronte, quello che pulsa, restano gli occhi di una giovane donna. Da sotto coperta guardava con timore pregno di incognite il lavorio degli italiani lì sulla banchina. Militari, sanitari, volontari Croce Rossa. Vite per le vite.

I piccoli, quelli hanno sempre la speranza della fanciullezza appresso. Un pasto caldo, una coccola e una caramella, stretti in un cappottino rosso, possono fare grandi gioie. Quelli non accompagnati sono i primi ad essere trattati, prefettura e questura procurano sistemazioni immediate. Ed infatti i 10 di queste ore sono stati trasferiti ieri pomeriggio al CARA di Restinco (Br).

Un paio di persone sono state isolate per ragioni sanitarie, torneranno tra gli altri appena guarite.

La macchina dell’accoglienza del Salento, pur a rischio collasso, ha retto ancora una volta pur col fiato corto. È emergenza, da tempo.

Come hanno retto le gambe di bambini e adulti, che le gambe le hanno perse. Ma non hanno rinunciato a camminare sui nervi tesi della speranza e della libertà. Una lezione. Per tutti.


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