Gigi Proietti. Ci ha salutati “Il Cavaliere Nero”

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“Ma che te cori?”. Sembra di sentirne la voce, profonda, da basso russo, affascinante come poche, quando leggi quel che Gigi Proietti ha scritto nel suo libro di ricordi.  Il libro s’intitola “Tutto sommato. Qualcosa mi ricordo” e non voleva essere un’autobiografia. E’ uscito a novembre 2007, ebbe un grande successo di vendite, come del resto tutte le cose che Proietti ha fatto nel suo campo. Ed è una fonte inesauribile di notizie e di aneddoti sul Proietti attore e non solo.

A Walter Veltroni che per antica amicizia lo aveva intervistato proprio in quei giorni per “Sette”, Proietti aveva ricordato una sua canzone stupenda, “Nun je dà retta, Roma”, la cantava in Tosca, il film di Luigi Magni, altro suo grande amico: “Oggi Roma non deve dà retta al mito della velocità. Oggi tutti corrono e fanno mille cose correndo. Mandano sms mentre guidano, usano l’Ipad mentre fanno le analisi del sangue. Correre, per dove?”. Il film Tosca è stato tempestivamente riproposto dalla Rai la sera del 1° novembre, mentre Gigi Proietti stava consumando in un letto d’ospedale la sua vita che sembrava inesauribile. Ma abbiamo rivisto anche Febbre da cavallo, ormai film da cineteca per cinefili raffinati.

  Sembrava sincero, Proietti, quando diceva al suo contemporaneo “Ma che te cori?”. In realtà la sua è stata una vita tutta di corsa. Lo ammette quando scrive: ”Ho fatto di tutto dall’avanguardia in minuscoli teatrini scalcagnati all’opera lirica con costumi perfetti, su palcoscenici meravigliosi”. Questo perché “una voracissima curiosità ha assorbito gran parte della mia vita e non accenna a finire: al solo vedere un clown mi viene voglia di mettermi un naso rosso e cominciare anch’io”. Però ha sempre rimpianto la pennichella alla controra: “Non ne ho mai avuto il tempo” confessava con sincero rimpianto.  Avrebbe sicuramente portato via spazio al suo irrefrenabile attivismo d’artista.

Non si contano le iniziative artistiche di Proietti: radio, televisione, teatro, cinema, musica, cartoni animati, scuola di recitazione, la famosa Bottega. Il suo libro di ricordi ne è pieno ed è la scaletta di una vita sulla scena. E a leggerlo è un vero divertimento, perché alle battute fulminanti che si susseguono ti sembra di stare a teatro, di avere accanto l’attore che recita solo per te. E non hai nemmeno pagato il biglietto, solo il prezzo di copertina, euro 19,50, Rizzoli sicuramente lo ristamperà, e sarà venduto a migliaia di copie, perché Proietti ha sempre avuto un suo pubblico e sempre lo avrà, anche da morto.

“Gli amici mi chiamavano Gigi Progetti, ne ho sempre avuto troppi in testa”. Nella vita ha fatto di tutto: ha aperto una trattoria “che è campata nove anni ma che dal punto di vista economico è stato un fallimento, i clienti erano soprattutto amici o colleghi ai quali non potevo far pagare il conto”. Fu l’unico insuccesso di Gigi, ma fuori dalla scena. In quegli anni voleva realizzare una casa di riposo per anziani: Villa Arzilla dal titolo di un suo sceneggiato televisivo che è anche diventato un modo di dire. “Costava troppo – rimpiange Proietti – Peccato, sarebbe stato un teatro vivente anche se con interpreti tutti piuttosto avanti con gli anni”.

Ricorda Proietti: “Ho fatto in modo che a Roma venissero aperti tre teatri, uno dei quali costruito ex novo, tutto in legno”. E’ il Globe Theatre, sotto i pini di Villa Borghese, sempre pieno nella bella stagione. Lo considerava giustamente una sua creatura, il nome viene dal primo teatro inglese nel quale si esibì la compagnia di Shakespeare. Ma non c’è palcoscenico che Proietti non abbia calcato in più di sessant’anni di carriera: il Teatro Tenda dove nacque e crebbe il fenomeno di A me gli occhi please, il Sistina con la commedia musicale Alleluja brava gente di cui fu protagonista insieme con Renato Rascel. Il Delle Vittorie per una fortunata serie della televisiva Canzonissima, o ancora in scena in coppia con Vittorio Gassman, e con Eduardo De Filippo in prima fila ad applaudirlo: era un suo ammiratore.

Molta televisione: “A me questo Maresciallo Rocca non faceva impazzire. Mi pareva troppo buono, troppo logico, troppo perbene, troppo razionale perché le persone potessero affezionarsi”. Cosi Proietti scriveva dello sceneggiato che invece fu un grandissimo successo di Rai Uno, durato cinque stagioni e che si concluse con una miniserie in due puntate che segnò l’addio definitivo del personaggio. Allora i giornali scrivevano che il maresciallo Rocca aveva “arrestato” Gigi Proietti, nella logica del personaggio che incastra l’interprete e lo costringe ad un ruolo dal quale è impossibile evadere. Non è stato così. Per quanto Rocca sia stato un personaggio popolarissimo, il suo interprete lo è stato ancora di più. E Proietti è “evaso”. Qualche anno più tardi lo si è detto anche del Commissario Montalbano che anche lui avrebbe “arrestato” Luca Zingaretti. Sarebbero stati due arresti eccellenti nel mondo dello spettacolo, che avrebbero fatto la gioia del Male, il settimanale satirico che anni fa sparava titoli sensazionali, come “Ugo Tognazzi è il capo delle Brigate Rosse”. Esposta in edicola quella prima pagina fece sobbalzare più di un passante. Fra i più divertiti lettori di quel giornale c’era Proietti che commentava: ”Dovrebbero fare teatro. Sai che successo!”

“Ho scritto soprattutto di ieri non di oggi, oggi non lo conosco bene, ne parlerò domani, quando sarà diventato ieri”. Così Proietti concludeva il suo primo libro di ricordi. Già lavorava al prossimo che, diceva, si titolerà “A me gli occhi, please” e, come si dice, spero che comunque vada sarà un successo”.

Gigi Proietti (il covid non c’entra) se n’è andato il giorno del suo compleanno, l’ottantesimo. Sembra una trovata di scena. E chi può negarlo? Da uno come lui ti devi aspettare di tutto. L’ultima “mandrakata” l’ha definita un giornale con scarsa fantasia. Forse Gigi avrebbe detto, come il suo personaggio Toto vittima di una sauna (anzi saùna, con l’accento sbagliato), “ me so’ liqueso”.

Parlando di Proietti da morto si continua a scherzare, come fosse vivo. D’altronde come non ricordare il suo “Cavaliere Nero”, quello al quale , se non si voleva finire male, “non si doveva caca.. il ca …”  Indimenticabile Proietti.


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