Petrolio, “mamma Rai” dà il buon esempio

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Non è vero, come dice Beppe Grillo, che la Rai è tutta da buttare: è il populismo del Movimento che parla alla pancia della gente per non perdere voti. Cosa sarebbe diventata la tv italiana, in questi anni di “regime mediatico”, se non ci fosse stata la Rai e in particolare Rai3? Non vorrei cadere in quel conflitto d’interessi che dentro l’azienda combatto, spesso in grande solitudine, da prima dell’editto bulgaro. Vorrei segnalare a Grillo un esempio di buona tv: il programma di Rai1, in onda l’estate scorsa, dal titolo “Petrolio”, curato da Daniele Cerioni, autore e conduttore il bravo inviato del Tg1 Duilio Giammaria. Grillo e Brunetta, uniti nella lotta contro “mamma Rai”, dovrebbero battersi a favore delle risorse interne. Dire che l’azienda è fatta da tanti lavoratori professionalmente validi è meno popolare che parlare di compensi e soprattutto si evita di fare paragoni con quelle mele marce messe in Rai dagli uomini del capo che in questi anni hanno fatto perdere ascolto e qualità al servizio pubblico a favore della concorrenza. I rivoluzionari Brunetta e Grillo più che ai fratelli Castro assomigliano al Gatto e alla Volpe di Pinocchio. Ma torniamo a “Petrolio” il cui scopo è far emergere “ciò che in Italia è lasciato in un cassetto o poco utilizzato”, potenzialità e risorse, come i beni culturali e artistici (Pompei, i musei, ecc.) che se valorizzati potrebbero rappresentare fonte di lavoro per i giovani e avere buone probabilità di rilanciare il paese. Una buona notizia: Cerioni, Giammaria e la loro equipe, stanno lavorando su altre otto puntate che dovrebbero andare in onda a partire da dicembre. La capacità di racconto di Duilio è quella di vecchio stampo che ricorda gli inviati che fecero grande la Rai: gli piace riempire la trasmissione di immagini, (sempre più sostituite dalle parole dei troppi talk), le interviste sono garbate e non una sfida all’Ok Corral, il linguaggio usato è comprensibile a tutti. Mi piacerebbe che Giammaria dedicasse una delle puntate a L’Aquila, partendo dal famoso speciale di “Porta a porta” in cui Berlusconi consegnò la prima casa ai terremotati. Dopo quattro anni, le 185 palazzine sono diventate aree di degrado urbano. Allora i media facevano a gara per realizzare le dirette tv, oggi girano le telecamere dall’altra parte per non vedere la vergogna. C’è voluto un’inchiesta dell’Unione Europea per scoprire che quelle palazzine sono costate il 158 per cento in più del valore di mercato e che la mafia si è regolarmente infiltrata negli appalti. Vogliamo per una volta dire agli italiani: “Chi ha sbagliato deve pagare”.

* da “Il Fatto Quotidiano”


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