La freccia del sud ucciso dalla mafia. Storia di un eroe dimenticato

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Non ci dovevano essere molti svaghi negli anni Quaranta, a Bovalino, piccolo paese calabrese che si affaccia sulla costa ionica, patria di un grande scrittore ingiustamente dimenticato, Mario La Cava, tra i piu’ significativi del secondo Novecento; e cosa possono fare dei ragazzini? Giocano, soprattutto giocano a pallone… E’ bravo Adolfo Cartisano, ci sa fare, con i piedi e’ un giocoliere, e fiato ne ha tanto, nessuno gli sta dietro. Il calcio è la sua vita,  la sua passione; giocare con i grandi campioni il suo sogno…E  accade che qualcuno si accorge di quanto vale, arrivano i primi ingaggi, anche i primi soldi; ma bisogna partire per il Nord: e’ la che si gioca da professionisti, e’ al Nord che ci sono le squadre con i campioni…E’ velocissimo Adolfo: fa gol a ripetizione, lo chiamano la freccia del sud. Ed ecco la grande occasione, di lui si interessa addirittura la Juventus… Ma no, Bovalino e la Calabria gli sono rimaste nel cuore, decide di tornare ai suoi affetti di sempre. Si inventa un mestiere, apre uno studio fotografico; è apprezzato. Troppo. Un giorno gli fanno un’offerta che non dovrebbe rifiutare, ma lui e’ una schiena dritta, un uomo di tenace concetto, la rifiuta: il pizzo non  lo paga. Vent’anni fa, esattamente il 22 luglio del 1993 Adolfo non torna più a casa, degli uomini lo prendono, lo fanno sparire. Viene fatta arrivare anche una richiesta di riscatto, la famiglia paga, ma Adolfo non torna. Dieci anni dopo, il corpo viene ritrovato in una fossa a Pietra Cappa, in Aspromonte. Lì hanno sepolto “la freccia del Sud”, colpevole di non essersi piegato alla violenza mafiosa. A Bovalino lo ricordano ancora, “Lollo il calciatore”, che amava insegnare ai ragazzi come si gioca a calcio: quel grande sogno a lungo inseguito e non colto per tornare nella sua terra.


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