A Torino, come in tutta Italia, ciò che colpisce non è soltanto la quantità di persone scese in piazza, non è soltanto la continuità con cui questo succede da giorni riflettendo canali emotivi e comunicativi in gran parte carsici, quasi inaspettati, ma è il ritorno sulla scena di porzioni di società che da un po’ non si vedevano più: in particolare quei cinquantenni che erano giovani a Genova nel 2001.
Questa ribellione corale credo che abbia un comun denominatore a tratti esplicito, a tratti inconsapevole: il rifiuto di un Mondo spudoratamente organizzato dalla prepotenza del più forte, che quando vince fa quel che vuole. Che il Mondo raramente si sia scostato da questo principio ordinativo, nonostante il MAI PIU’ dopo la seconda guerra mondiale, lo sappiamo bene, ma ciò che ha risvegliato le coscienze è la progressiva sfrontatezza di chi brandisce la “clava” e la conseguente pretesa di assoluta impunità. Dal caso Almasri a Netanyahu il filo è lo stesso. Gerarchi e gerarchi minori, si direbbe. Dobbiamo contemporaneamente avere coscienza che, svuotate le piazze, il lavoro dovrà continuare sul piano culturale e politico, perché la strada resta terribilmente in salita e la legittimazione di questi nuovi “boss di Stato” non sembra scemare, anzi. I segnali che arrivano dalla Repubblica Ceca, così come da Tbilisi non incoraggiano per niente, per tacere di una “pace” in Medio Oriente a trazione imperialista. Intanto l’Unione Europea corre alle armi, mentre giù, in fondo alla piramide sociale, i poveri, i lavoratori precari e sfruttati, i migranti resi invisibili, continuano a morire malamente.
Questa ribellione corale credo che abbia un comun denominatore a tratti esplicito, a tratti inconsapevole: il rifiuto di un Mondo spudoratamente organizzato dalla prepotenza del più forte, che quando vince fa quel che vuole. Che il Mondo raramente si sia scostato da questo principio ordinativo, nonostante il MAI PIU’ dopo la seconda guerra mondiale, lo sappiamo bene, ma ciò che ha risvegliato le coscienze è la progressiva sfrontatezza di chi brandisce la “clava” e la conseguente pretesa di assoluta impunità. Dal caso Almasri a Netanyahu il filo è lo stesso. Gerarchi e gerarchi minori, si direbbe. Dobbiamo contemporaneamente avere coscienza che, svuotate le piazze, il lavoro dovrà continuare sul piano culturale e politico, perché la strada resta terribilmente in salita e la legittimazione di questi nuovi “boss di Stato” non sembra scemare, anzi. I segnali che arrivano dalla Repubblica Ceca, così come da Tbilisi non incoraggiano per niente, per tacere di una “pace” in Medio Oriente a trazione imperialista. Intanto l’Unione Europea corre alle armi, mentre giù, in fondo alla piramide sociale, i poveri, i lavoratori precari e sfruttati, i migranti resi invisibili, continuano a morire malamente.
