C’era una volta la Rai. Ed è stata ricordata a Napoli

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Come una scolaresca in gita, a tratti con lo stesso spirito ridanciano ma determinato, siamo andati incontro all’arroganza di chi si arrocca dietro un potere che rischia di essere più di facciata che reale per esprimere con forza le nostre ragioni. E mentre colleghe e colleghi salivano a bordo del pullman, mi è tornata in mente una riflessione di Luciana Castellina a proposito di Berlinguer. Da segretario della FGCI, infatti, il futuro segretario del PCI, per attrarre ragazze e ragazzi e avvicinarli al partito, non puntò sui testi di Marx o di Rosa Luxenburg, almeno non solo, ma sul biliardino, sostenendo che, in quanto figli di braccianti e proletari, avessero il diritto di trovare nel mondo comunista ciò che trovavano, ad esempio, in parrocchia. È stata una grande lezione, quella della compagna Castellina: la sinistra perde perché è noiosa, chiusa, autoreferenziale, e noi oggi abbiamo scelto di non esserlo. È stato bello, dunque, vedere questo variegato universo RAI fare fronte comune al cospetto di una minaccia, quella contro la libertà d’informazione, che ci riguarda tutte e tutti.
Eravamo in tanti, a Napoli, a manifestare: per un’altra idea di RAI, per difendere i precari, per sostenere Sigfrido Ranucci e la redazione di Report, per opporci al contratto capestro recentemente firmato anche dai nostri amici dell’UsigRAI, per ribadire che è indegno tenere bloccata da ormai quasi un anno la Commissione di Vigilanza e per far presente, come cittadine e cittadini, oltre che come addetti ai lavori, che noi al possibile smantellamento della principale azienda culturale del Paese non ci stiamo.
C’erano PD, M5S e AVS, Articolo 21, la Rete No Bavaglio, Désirée Klain  Anna e Pino Paciolla, l’ex procuratore nazionale anti-mafia Franco Roberti, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e tante altre associazioni e organizzazioni con le quali abbiamo percorso, in questi anni, ampi tratti di strada insieme.
Eravamo davanti alla sede RAI del capoluogo campano, nel giorno della presentazione dei palinsesti, per far presente a una dirigenza sorda alle nostre richieste e cieca di fronte a un progressivo abbandono di risorse e spettatori che vogliamo continuare a vedere le quattro puntate che saranno sottratte a Report, le due che saranno tagliate a Presadiretta nonché trasmissioni come Petrolio, Rebus e tante altre ancora.
Noi a una RAI senza inchieste, senza cultura e senza approfondimenti non ci rassegniamo. La nostra idea di RAI, difatti, coincide con quella di Roberto Morrione, il quale proponeva l’istituzione di una Scuola per il giornalismo d’inchiesta, oltre ad averci insegnato a leggere ogni testo all’interno del proprio contesto, altrimenti le parole rischia di portarsele via il vento.
A proposito di letture, diamo conto di un passaggio dell’intervista rilasciata oggi al Fatto Quotidiano dalla presidente Floridia: “Siamo sotto ricatto da parte di una maggioranza che vuole imporre la legge del più forte. Rossi, che da quando è alla guida dell’azienda non è mai stato ‘audito’, aveva dato la disponibilità a partecipare a una convocazione straordinaria chiesta dalla minoranza. A quel punto il centrodestra ha ipotizzato un mio presunto abuso sollevando la questione nella giunta per il regolamento del Senato, che ancora non si è espressa. Spero lo faccia al più presto”. La legge del più forte, per l’appunto, caratteristica tipica di questa stagione, del nuovo Statuto del mondo che è stato imposto dal trumpismo arrembante, che caratterizza ogni settore della società e va espandendosi a macchia d’olio, da Gaza all’Ucraina, fino a giungere alle miserie nostrane.
Comunque, ci teniamo a “tranquillizzare” chi legge: come sa benissimo la presidente Floridia, la cui battaglia quasi solitaria e disperata merita non solo sostegno ma anche sincera stima, non si farà alcuna riforma della RAI perché la maggioranza non la vuole. Allo stesso modo, non sappiamo nemmeno se verrà mai resa nuovamente operativa la Commssione di Vigilanza e siamo certi che non verrà messa mano alla drammatica questione dell’EMFA, la normativa europea che entrerà in vigore dal prossimo 8 agosto costando, probabilmente, salate sanzioni a un’Italia il cui Consiglio d’Amministrazione del servizio pubblico è, di fatto, sotto l’egida del governo per via della “riforma” varata dal governo Renzi nel 2015. Quanto alla proposta di Gasparri di far eleggere sei membri del CdA su sette dal Parlamento, trasformando però la maggioranza per eleggere il presidente della RAI da qualificata in assoluta, non merita neanche risposta.
Troppi errori si sono susseguiti, troppe mancanze, troppe omissioni, troppe incertezze nel denunciare un declino che non è certo cominciato adesso e, soprattutto, troppa disponibilità al dialogo con una destra che di liberale ha poco o nulla, come si evince da ogni suo atto e proposta di legge.
Occhio, perché la RAI costituisce la cartina al tornasole di qualunque esecutivo. E nel momento in cui viene richiamato Ranucci con motivazioni ridicole, viene messo sotto attacco il giornalismo d’inchiesta, si spediscono i precari in attesa di assunzione nelle sedi regionali, come condizione essenziale per essere assunti, cioè un sostanziale ricatto, si portano al timone di programmi di primo piano soggetti esterni, umiliando di continuo le professionalità interne, e si pone fine all'”anomalia” di Raitre, risalente ai tempi di Guglielmi, per normalizzarla tramite l’immissione di soggetti che nulla hanno a che spartire con la storia e il pubblico di quella rete, ecco che si torna alla legge del più forte, al nuovo Statuto del mondo, al trumpismo arrembante e alla modalità aggressiva con cui un partito che ha ancora la fiamma tricolore che arde nel simbolo tratta i propri avversari.
Non vorremmo, qui lo diciamo e qui lo neghiamo, che qualcuno stia cominciando ad accarezzare l’idea di un ridimensionamento della RAI, magari vendendo qualche frequenza o compiendo qualche magheggio per quanto concerne la Concessione con lo Stato, in scadenza nel 2027, nel tentativo di trasformarla definitivamente in un’entità filo-governativa. E non vorremmo nemmeno che qualche imprenditore, italiano o straniero che sia, si stia facendo venire l’acquolina in bocca, magari cullando il sogno di trasformare alcune frequenze eventualmente dismesse dal servizio pubblico nel trampolino di lancio di una sorta di FOX italiana. Sono tutte supposizioni, ovvio, pensieri maligni di chi ne ha viste tante ed è ormai poco incline a sorprendersi, ma come diceva un tale piuttosto avvezzo alle logiche del potere “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina.
Per questo siamo andati oggi a Napoli: per ricordare a chi sta facendo vivere alla RAI il suo momento peggiore che non possono pensare di farlo anche in nostro nome. Andranno avanti lo stesso, figuriamoci, compresa la vergogna di far sfilare dive e divette truccate di tutto punto in faccia a chi sta perdendo ogni diritto, ma dopo la giornata odierna saranno costretti ad assumersene per intero la responsabilità.

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