Ma La Russa, su cosa crede di aver giurato fedeltà?

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All’indomani dell’indegna dichiarazione del Presidente del Senato Ignazio La Russa sull’attentato del 23 marzo 1944 di Via Rasella a Roma la prima domanda che viene da porsi, con urgenza, è: ma su che cosa hanno giurato questi nuovi rappresentanti istituzionali? Su carta straccia o sul documento su cui si fonda la nostra comunità nazionale, la nostra ragione di stare insieme, la nostra stessa storia?
Non bastava Giorgia Meloni che nel giorno del ricordo delle 335 vittime delle Fosse Ardeatine aveva definito genericamente italiani gli ebrei, gli antifascisti, i comunisti, i socialisti, tutti gli avversari politici e tanti detenuti senza una precisa identità politica massacrati dai macellai nazifascisti. Si era detto, da più parti: è la sua fobia ad usare la parola antifascista.
Beh, ora cosa si potrà dire di questa sortita in cui il reggimento Bozen dei nazisti è stato definito una ‘banda musicale di quasi pensionati’ contro cui venne commesso ‘uno degli atti meno nobili della resistenza’? La ricostruzione storica dell’attentato, così come varie sentenze dei tribunali e tante altre narrazioni filmiche fatte in varie epoche hanno dimostrato quale fosse la vera natura militare e oppressiva, da occupazione militare, di quel reggimento.  La reazione dell’ANPI, così come degli esponenti delle forze politiche d’opposizione e della comunità ebraica è stata netta e decisa intorno a due parole: indegna e ignobile. Molto più politica la dichiarazione di Gianni Cuperlo che non ha usato mezzi termini: ‘ È un nostalgico dichiarato del fascismo, dunque un fascista, e non può essere la seconda carica dello Stato’. Poi, le voci si sono attenuate, fino al giustificazionismo.  Calenda, terzo polo, ha dichiarato: ‘Sono ammirato dalla determinazione con cui La Russa dimostra l’inadeguatezza come presidente del Senato’. Mentre molti, troppi silenzi rinnovano il sospetto su chi componesse la pattuglia dei 17/18 parlamentari dell’opposizione che votò per la sua elezione alla seconda carica dello Stato.  Poi la maggioranza che, evidentemente, ritiene più importante il giuramento di fedeltà alla Meloni che alla Costituzione Italiana. Mulé, Forza Italia, ha detto che le affermazioni di La Russa riguardano lui e basta. Silenzio tombale da parte dei moderati di Lupi e della Lega (in questo caso probabilmente – si spera? – solo per opportunismo elettorale dato che si vota in Friuli Venezia Giulia). Per finire con Fratelli d’Italia le cui uniche affermazioni sono volte a condannare le ‘strumentalizzazioni della sinistra’.
La verità storica ridotta a strumentalizzazione? Si sta ripetendo continuamente il tentativo di riscrivere la storia da parte della destra. Al confronto fa sorridere il ricordo di Berlusconi che durante un Porta a Porta di qualche decennio fa dichiarò di voler stringere la mano ad Alcide Cervi, morto da tempo – come gli ricordò subito Fausto Bertinotti, con lui in trasmissione -, padre dei sette eroici fratelli trucidati dai fascisti. Chissà se oggi sarebbe disposto a stringere la mano a qualcuno dei discendenti dei massacrati alle Fosse Ardeatine o se solidarizza con La Russa.
Non è da escludere che dietro tutto questo ci sia una strategia di distrazione di massa rispetto alla povertà crescente, ai privati del Reddito di Cittadinanza, ai senza lavoro, all’incapacità che sta dimostrando il governo di gestire il PNRR secondo i tempi dettati dall’Europa. C’è poi una domanda da porre direttamente a La Russa, così come suggerita sul ‘Corriere’ da Massimo Gramellini. Nel suo mostrarsi Giano Bifronte cosa preferisce essere: Presidente del Senato, con le sue inderogabili responsabilità politiche, storiche, culturali, o un ‘battutista da apericena’ – ha scritto Gramellini – che non rinuncia alla sua esuberanza da nostalgico capopartito? Se si dimetterà dal primo Giano, come chiede un fiume di firme che sta attraversando l’Italia, potrà vestire pienamente e con totale soddisfazione i panni del secondo.
Infine, come non ricordare che in questa ossessione di riproporre aspetti ‘fascistissimi’ dell’azione politica, spicca la lotta del prode Alfredo Rampelli contro i ‘forestierismi’ del quotidiano scritto e parlato. Dalla tragedia alla farsa, proprio come nel tremendo ventennio.


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