Un altro pericolo imminente per le donne iraniane

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Un altro pericolo imminente per le donne iraniane corre sul filo della legittimazione istituzionale. Il Parlamento della Repubblica Islamica dovrà esprimersi, e con ogni probabilità la approverà, su una proposta di legge, annunciata di recente dal presidente della Commissione Giustizia dell’Assemblea iraniana. Quest’ultimo ha dato notizia dell’approvazione, in Commissione, di un testo secondo il quale alle donne che non rispetteranno alla lettera Hijab (il velo islamico), quindi anche il modo in indossarlo, verrà bloccata la carta nazionale. Si tratta di un documento che rappresenta l’equivalente del codice fiscale italiano. Questo non permetterà loro l’accesso ai conti bancari e ai servizi sociali. La proposta stabilisce anche multe elevate.
Una notizia è emersa dalla testimonianza del giornalista iraniano Ahmad Rafat nel corso dell’assemblea di Articolo21, dedicata alla situazione in Iran e alle difficoltà che vivono i giornalisti che provano a informare correttamente anche sui fatti che scandiscono la rivoluzione di migliaia di cittadini, donne e uomini, scaturita dall’uccisione di Mahsa Amini, colpevole di aver indossato il velo in modo considerato sbagliato. E’ una notizia che non può lasciare indifferenti. Un provvedimento del genere sembra persino superare il gruppo di poliziotti che è stato definito “polizia morale” e l’arresto. Potrebbe bastare un’immagine, anche un frame di una ripresa di videosorveglianza delle strade, per rendere “invisibile”, momentaneamente o per sempre, una donna. Dopo gli arresti, le accuse di attentato alla sicurezza della Repubblica Islamica, le esecuzioni capitali e gli spari contro i manifestanti mirando agli occhi, soprattutto delle donne, l’approvazione di una legge che blocca la carta nazionale significa nei fatti annullare, togliere l’identità e la capacità di agire come cittadine disponendo dei propri soldi e di godere di servizi sociali, spesso essenziali.
Non è un caso che l’Onu, a dicembre, abbia deciso l’espulsione con effetto immediato dell’Iran dalla Commissione sulla condizione delle donne. Purtroppo non sembra sia bastato. Serviranno altre risoluzioni e prese di posizione, azioni per scongiurare almeno l’approvazione della legge annunciata.
Informare e divulgare quanto più possibile gli atti contrari ai diritti umani, che annientano le dignità di migliaia di donne e cittadini, che rivendicano il diritto di vivere, di potersi esprimere, di avere un governo che li rappresenti e non li opprima e sopprima, è un dovere per tutti. E’ un dovere alzarsi e fare idealmente scudo a migliaia di donne che rischiano giudizi sommari e condanne ingiustificate e ingiustificabili. A partire dalle Commissioni Pari opportunità di qualsiasi ente o istituzione va ulteriormente stigmatizzata e condannata l’escalation degli attacchi ai diritti e alla vita di donne e giovani iraniani.
In una delle ultime interviste prima di diventare Premier, a Porta a Porta, Giorgia Meloni aveva sottolineato quanto stava avvenendo in Iran, criticando chi non lo aveva fatto. Oggi una sua presa di posizione, quindi dei Governo Italiano, e una richiesta esplicita a tutela del popolo iraniano e in particolare delle donne è decisamente auspicabile, persino doverosa. Non è mai troppo tardi per una giusta e civile presa di posizione che risponda anche ai valori della nostra Costituzione e della Comunità internazionale.


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