Sindacalisti arrestati per le lotte sui diritti nella logistica, mobilitazione in vista del Riesame

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Forse è tardi per parlare di dismissione dei diritti dei lavoratori. O è presto per affermare che alcune leggi recenti hanno aperto un ampio varco alla fine dello Statuto dei lavoratori. Ad ogni modo c’è una storia che non riesce ad avere l’eco che merita ed è quella dell’arresto dei sei sindacalisti delle organizzazioni di base che si stanno battendo per accendere i riflettori su cosa accade nel pianeta della logistica. Appartengono al Si Cobas e all’Usb e dl 19 luglio si trovano agli arresti domiciliari con l’accusa di aver costituito delle associazioni a delinquere che agivano sotto la copertura dell’attività sindacale. Gli stessi indagati, da quasi 10 anni, si battono per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici nel settore della logistica. L’ultima relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sul lavoro irregolare in Italia indica nella logistica il settore dove si registra il più alto tasso di sfruttamento, con una miriade di violazioni di diritti sindacali. Tra pochi giorni si terrà l’udienza presso il Tribunale del Riesame ai fini della valutazione dell’esigenza di custodia cautelare. Per questo nelle ultime ore è partito un appello di accademici, osservatori, sindacalisti e, soprattutto, tanti lavoratori, per accendere i riflettori sui rischi per la democrazia e le battaglie sui diritti insiti in questa vicenda.
“L’impianto accusatorio mira ad una pesante delegittimazione dell’attività sindacale mettendo sotto la sua lente l’organizzazione di un conflitto collettivo, le forme di autofinanziamento per sostenere l’attività e il fatto che vengano strappate a imprese locali e multinazionali più denaro e migliori condizioni di lavoro. Ma ci chiediamo cos’altro dovrebbe fare un sindacato precisamente.- si legge nell’appello – I sindacati di base che lottano nella logistica in Italia, e in particolare a Piacenza, sono conosciuti a livello internazionale. Della loro capacità di organizzare lavoratori e lavoratrici per lo più migranti nei magazzini delle multinazionali della logistica si discute in ambienti sindacali e accademici in Europa e nelle Americhe. Anche perché le lotte piacentine dell’ultimo decennio sono tra le più durature e radicate ma non certamente uniche nel settore logistico: scioperi, picchettaggi e blocchi delle merci avvengono ciclicamente in altri hub logistici, dal porto di Rotterdam a quelli di Hong Kong e Los Angeles. Se c’è qualcosa di unico nel caso piacentino, questo è casomai il livello di repressione incontrato dai sindacati di base locali, che negli anni hanno dovuto affrontare cariche violente, arresti e denunce quasi quotidiane. Lo stato d’eccezione subito dal sindacato nella logistica si vede anche nelle leggi scritte ad hoc per colpirlo. Per esempio, il decreto sicurezza di Salvini, nel 2018, ha reintrodotto il reato di ‘blocco stradale’, che punisce con pene fino a sei anni una delle principali forme di lotta nella logistica, cioè il picchettaggio per bloccare la circolazione delle merci. Poche settimane fa, l’associazione padronale AssoLogistica ha festeggiato l’introduzione di una norma nel PNRR del governo Draghi: una deroga alle leggi nazionali che abolisce la responsabilità in solido delle imprese nel solo settore logistico. Significa che lavoratori e lavoratrici non potranno più rifarsi sulla ditta committente (per esempio la grande multinazionale) per gli abusi perpetrati dalle ditte che lavorano in appalto per essa (le interinali e cooperative della logistica). Si abolisce così un meccanismo rodato usato dai sindacati per recuperare per esempio i salari non pagati dalle cooperative”.


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