Il caso Romina in Iran e quel codice d’onore ancora in vigore

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La magistratura iraniana ha condannato il padre di Romina Ashrafi a soli nove anni di reclusione.  Romina era una ragazzina di 13 della provincia di Gilan. Una notte dello scorso Maggio suo padre con un’ascia in mano l’ha decapitata dopo vari litigi a seguito di una contrastata relazione con un uomo piú grande di lei.

La vicenda fece molto scalpore anche nello stesso Iran in particolare, perché veniva riportato alla luce il codice d’onore ancora in vigore nel paese. Molte autoritá, come la vice presidente della Repubblica islamica, Masoumeh Ebtekar, si erano spese sull’argomento. Anche il Presidente Hassan Rouhani aveva dichiarato si voler emettere un “ordine speciale” proprio per indagare sull’omicidio della giovane.

Ne avevo parlato sul Blog del Fatto Quotidiano con il titolo “Iran, decapitata a 13 anni dal padre contrario alla sua relazione. Lo chiamano delitto d’onore”.

L’agenzia di Stampa Iraniana ParsToday già Irib News subito dopo l’uscita del mio pezzo, lo scorso 29 maggio mi aveva accusata di aver inventato la storia di Romina con un articolo dal titolo “In Iran non esiste il delitto d’onore. La storia inventata dal Fatto Quotidiano”.

Secondo l’agenzia di stampa, avrei non solo ideato la storia, ma escogitato il ‘delitto d’onore’ che secondo l’autore del pezzo Davood Abbasi in Iran non esisterebbe.

Si legge infatti nel loro pezzo: “L’articolo sostiene da subito che in Iran sia in vigore il delitto d’onore. Si tratta di una nozione totalmente infondata. Nessuna parte del codice civile o penale iraniano, prevede o autorizza ‘il delitto d’onore’.”

L’agenzia Irib aveva anche minacciato la sottoscritta con frasi perentorie, dichiarando:  “Se le falsità sono state riportate per ignoranza, a questo punto sarebbe necessaria una nota di correzione da parte del quotidiano e dell’autrice. Se invece si tratta di una macchinazione voluta contro la Repubblica Islamica dell’Iran, il giornale e l’autrice del pezzo vengono ritenuti responsabili della loro azione e la Repubblica Islamica dell’Iran, si riserva il diritto di agire in conformità alle leggi, visto che la sua immagine è stata lesa.”

Praticamente la Irib pretendeva una rettifica di un articolo su una storia realmente avvenuta e su articoli del Codice Penale che sono attualmente in vigore in Iran. Non solo, minacciava inoltre anche la sottoscritta di azioni legali in conformitá alle leggi iraniane.

E sappiamo bene che nella Repubblica Islamica i giornalisti che vengono accusati di diffondere notizie diverse da quelle di stato, quando non viene applica la pena di morte, vengono condannati ad un numero non ben precisato di anni di reclusione.

Come avevamo giá dettagliatamente dichiarato nell’articolo sul Fatto Quotidiano, il padre di Romina Ashrafi non sarebbe stato mai stato punito con l’impiccagione, pena prevista per tutti i casi di omicidio, perché il reato da lui commesso rientrava in quello che viene definito ‘delitto d’onore’.

Ai sensi dell’art. 220 del vecchio (codice penale e dell’art. 301 dell’attuale codice penale islamico) il padre che uccide il figlio/nipote non puó essere punito con la pena di morte, qessas.. In questo caso quindi la qesass si converte in diyeh (pena pecuniaria) e ta’zir (pena diversa dalla detenzione, es. frustate).

Inoltre l’art. 612 del codice penale islamico prevede, però, che in ogni caso chi commette un omicidio per il quale non viene condannato, se il fatto commesso offende l’ordine, la sicurezza o la coscienza pubblica, viene condannato al carcere da 3 a 10 anni. 

Cosí é stato, il padre di Romina ha ottenuto addirittura, meno anni di quelli previsti. Questa condanna ‘farsa’ da qualche giorno sta giá facendo molto discutere e sta sollevando altrettante polemiche poiché da mesi si stava cercando di attuare una proposta di legge per dare una pena piú severa ai delitti d’onore.

La madre di Romina, Rana Dashti dopo la sentenza per suo marito all’agenzia di stampa ILNA ha dichiarato: “Nonostante l’insistenza delle autorità giudiziarie su una ‘gestione speciale’ del caso, il verdetto ha terrorizzato me e la mia famiglia”.

Proprio Rana quando sua figlia aveva instaurato la contrastata relazione sentimentale era stata incaricata dal marito di far suicidare la giovane per non compromettere l’onore della famiglia, ma Rana si era rifiutata. Ora si é fermamente opposta alla decisione del tribunale iraniano ed ha chiesto epressamente di rivalutare la sentenza alla Corte Suprema. “Non voglio che mio marito torni mai più al nostro villaggio”, ha detto, chiedendo che il verdetto venga rivisto e cambiato in “esecuzione”.

Avendo vissuto a lungo con suo marito per oltre 15 anni, ora teme per la sua vita e per la sua famiglia.

Anche l’uomo che Romina avrebbe voluto sposare, Bahman Khavari, secondo quanto riferito dai media locali, è stato condannato a due anni di carcere, senza una specifica accusa.

Alla luce di quanto sopra sarebbe doveroso da parte della Irib porgere delle scuse alla sottoscritta per tutte le accuse false ed insostanziate proferite.

Ancora piú urgente peró é l’impegno di tutti noi, non solo nel denunciare i fatti che avvengono in questi paesi dove costantemente vengono violati i diritti umani, ma trovare una via, attraverso il dialogo e politiche mirate, per mettere fine a tali orrori nei quali vengono lasciati impuniti i responsabili.

 https://www.articolo21.org/2020/05/agenzia-di-stampa-iraniana-mi-accusa-per-aver-detto-la-verita/

https://parstoday.com/it/news/iran-i216645-in_iran_non_%C3%A8_ammesso_il_delitto_d%E2%80%99onore_._una_storia_inventata_da_il_fatto_quotidiano

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/05/27/iran-decapitata-a-13-anni-dal-padre-contrario-alla-sua-relazione-lo-chiamano-delitto-donore/5814932/

https://www.isna.ir/amp/99031005701/?fbclid=IwAR0PM99MdpyrpjvLxwWROFGXjawckl_0aPo1kU3Zw-duXKxHuQeFtzI60bo


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