La Pasqua di Radio Radicale. In piazza contro il bavaglio

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Sul bavaglio dei manifestanti c’era scritto “Radio Radicale” e insieme riassumono esattamente il motivo per cui il giorno di Pasqua a Roma in moltissimi hanno deciso di “occupare” piazza Madonna di Loreto e spiegare, ripetere ancora una volta, cosa si sta rischiando con il mancato rinnovo della convenzione tra il Ministero dell’Economia e la storica radio che trasmette i lavori parlamentari (e non solo). Il contratto scade il 20 maggio e se non ci saranno novità si chiude. E dunque sì, stiamo mettendo il bavaglio a Radio Radicale, lo sta facendo il Governo e in specie il sottosegretario Vito Crimi che, con estrema tranquillità, ha già “liquidato” l’argomento sostenendo più volte che la convenzione non sarà prorogata. Eppure in piazza c’erano esponenti della maggioranza, come il deputato Giuseppe Basini che ha avviato una raccolta di firme tra i parlamentari del suo partito, la Lega, a sostegno di Radio Radicale. Nessun cenno, invece, dal Movimento Cinque Stelle, anche se il direttore Alessio Falconio ha dichiarato di aver ricevuto “messaggi individuali” da esponenti del M5S. Per il Partito Democratico erano presenti alla manifestazione Roberto Giachetti e Filippo Sensi, Benedetto Della Vedova per Più Europa, Vincenzo Vita per Articolo 21 e in prima linea Emma Bonino con Rita Bernardini. Poi molti ascoltatori, cittadini, rappresentanti di movimenti civici. Un’iniziativa che aveva un ospite speciale, Massimo Bordin, scomparso da poche ore e al quale erano dedicati molti manifesti. In suo nome giornalisti e osservatori chiedono un emendamento che consenta alla radio di continuare a trasmettere e di partecipare ad una nuova gara. “Vogliamo convincere il Governo che l’attività che svolgiamo è utile alla democrazia e al Paese e che nessun altro finora ha svolto il servizio che assicuriamo noi”, ha detto il direttore Alessio Falconio. A latere c’è l’aspetto occupazionale, finora rimasto in secondo piano ma che ha un suo peso specifico. La chiusura di Radio Radicale può costare circa cento posti di lavoro di cui nel Governo nessuno si preoccupa, nonostante si tratti di professionisti di un settore molto delicato, quello dell’informazione, già messo a dura prova. Nei fatti è partita una corsa contro il tempo ma, ancor più, contro una scelta di Governo motivata con un risparmio economico ridicolo, vista la crescita della spesa in altri settori. Giustificazione comunque non credibile visto che è perfettamente in linea con la generale persecuzione delle voci che assicurano informazione e pluralismo, vedi i tagli sui fondi per il pluralismo che si sono abbattuti sui giornali. In realtà è tutto molto coerente con un grande bavaglio. Che parte da Radio Radicale.

 

 


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