34° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Non dimentichiamoli

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Trentaquattro anni di lezione di storia, di impegno sociale, di cultura antimafia grazie a Pio La Torre ucciso assieme al fedele compagno Rosario Di Salvo. La lezione di storia è contenuta nella relazione di minoranza redatta quarant’anni fa assieme a Cesare Terranova, a insigni giuristi come Malagugini e allo storico Francesco Renda, a conclusione dei lavori della Commissione Antimafia del 1976.

“La mafia è un fenomeno afferente le classi dirigenti” scrissero riferendosi alle conclusioni di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino di un secolo prima e utilizzando la documentazione fornita dalle relazioni delle federazioni del PCI, dall’indagine del Prefetto Bevivino sul Sacco edilizio di Palermo, dai processi di mafia tra i quali quelli intentati da Cesare Terranova contro Luciano Leggio e i corleonesi, dalla testimonianza di Carlo Alberto Dalla Chiesa, all’epoca comandante dei Carabinieri, dall’intera documentazione fornita dalla precedente Commissione Antimafia Cattanei sui profili mafiosi di uomini come Ciancimino.

Quella Relazione fu la madre della legge Rognoni-La Torre, approvata nel 1982 dopo l’uccisione di Dalla Chiesa e che diventò il caposaldo della legislazione antimafia italiana, la più avanzata a livello mondiale nel contrasto alla criminalità organizzata.

L’impegno sociale è nella storia di quella generazione d’uomini della sinistra, comunista, socialista, laica, cattolica, che fu antimafiosa, non perché lo dichiarasse ai quattro venti (mediatici), ma per la sua azione politica e sindacale quotidiana, nelle campagne, nelle fabbriche, nei quartieri più poveri della città, accanto alle classi lavorative, agli intellettuali e alle imprese impegnate nello sviluppo e nel miglioramento della società secondo giustizia.

Tutto ciò ha impegnato il lavoro sociale, giuridico, storico del Centro Studi, intitolato a Pio La Torre, che non ha mai invocato per questo né candidature, né privilegi, ma solo un’azione politica coerente dei governi e della classe dirigente della Regione e del Paese. Non ha mai invocato presunte esclusività e autoreferenzialità antimafiose da sbandierare e ha rifuggito sempre dai pennacchi e dai clamori festanti degli anniversari retorici e ipocriti che invece sono stati esaltati da chi aveva interesse a oscurare uno dei nodi del paese: fin quando esisterà un qualsiasi collegamento tra organizzazione criminale e politica, istituzioni, consenso sociale e corruzione, la Mafia, con la camaleontica capacità di adattamento, sopravvivrà.

Oggi è un momento di passaggio, è diffusa nel paese una maggiore consapevolezza del pericolo rappresentato dalle mafie, i corpi dello Stato sono diventati più efficaci nel contrasto, ma le politiche di prevenzione politica non hanno la stessa efficacia; non basta l’eccellente lavoro della Commissione Antimafia, l’impegno del ministro della Giustizia, occorre che l’intervento politico da straordinario diventi una ordinaria priorità dell’agenda politica governativa e legislativa.

Pertanto occorre rafforzare gli strumenti di contrasto: perché da due anni e mezzo il ddl d’iniziativa popolare per tutelare il lavoro nelle aziende confiscate non è ancora approvato? Perché non si potenziano gli strumenti e i mezzi della giustizia come rivendicato dai magistrati, dagli avvocati, dal movimento antimafia? Perché non si rimuove senza aspettare la solita campagna di polemiche la prescrizione breve per i reati di corruzione, brodo di coltura di ogni mafia? Perché i codici etici antimafia non vengono resi cogenti dai partiti? Perché non si combatte la corruzione, la diseguaglianza sociale, la povertà che forniscono l’acqua ai mafiosi-pescecani? Perché all’Ars non si discute ancora quel ddl di iniziativa popolare contro la povertà promosso dal Centro Studi e da un ampio cartello di forze sociali, culturali e religiose?

Sono queste e altre domande che ci pongono quegli 11.000 studenti delle scuole medie-superiori italiane che hanno seguito il progetto educativo del Centro La Torre, sono quelle le domande che ci pongono quei giovani che recitando l’atto unico di Vincenzo Consolo, “Pio La Torre. Orgoglio di Sicilia” e “Fango” di Gabriello Montemagno, si interrogano attraverso il linguaggio teatrale sul loro futuro.

Di questo e altro si discuterà nella manifestazione per il  trentaquattresimo anniversario dell’eccidio mafioso che terremo sabato 30 prossimo alle ore 9 al teatro Biondo alla presenza delle autorità politiche ed istituzionali, dei sindaci amici di Pio e Rosario. Per la prima volta prenderanno la parola anche il presidente della Consulta delle Culture e il vescovo di Palermo uniti nell’impegno che l’accoglienza, l’integrazione, l’interculturalità è anch’esso impegno antimafia.

La manifestazione del 30 aprile è stata preceduta da altre significative tra le quali vanno segnalate quella di S.Angelo di Brolo, la cui amministrazione ha intitolato una strada a Pio La Torre; quella di Tusa, ricordando il 50° anniversario di Carmelo Battaglia, ultima vittima di mafia delle lotte agrarie; l’intitolazione di una scuola di Milano a Pio La Torre e Rosario Di Salvo alle cui cerimonia il Sindaco Orlando e il presidente del Centro Studi sono intervenuti tramite video-conferenza. Sarà seguita da tante altre manifestazioni tra le quali quelle di Cefalù, di Valledolmo nella stessa giornata di sabato e, il 20 maggio, l’intitolazione della Biblioteca dell’Istituto Comprensivo “Pestalozzi-Cavour” di Palermo. Inoltre la mostra fotografica dedicata a Pio è esposta all’ITET Pio La Torre di Palermo.

L’anniversario di Pio e Rosario sarà celebrato come avrebbe voluto Pio: col popolo con tutte le sue sfaccettature, senza steccati ideologici e culturali.


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