Esclusiva: Reza Malek e l’orrore iraniano

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Una delle tante pagine oscure della storia del regime iraniano si chiama “la catastrofe del serial killer del ministero dei servizi segreti”: siamo nella primavera del 1999, alla presidenza della Repubblica c’è il riformista Khatami, e gli apparati fedeli alla guida spirituale Khameni decidono di far scomparire Said Emami, uno dei migliori agenti segreti iraniani. Di lì a breve proprio lui viene accusato di aver ucciso numerosi giornalisti e intellettuali iraniani, ovviamente su mandato israeliano, del cui governo era “una spia”.

Bisognava infatti evitare che qualcuno sospettasse che quelle morti erano parte di un programma politico gestito dal ministero, costato la vita a un centinaio di intellettuali e giornalisti tra il 1999 e il 2000. Said Emami venne tradotto in segreto nel carcere di massima sicurezza di Evin e quindi giustiziato, con l’accusa di essere una spia israeliana. Ma la tragedia non finisce qui: la moglie di Emami finì anche lei a Evin e dopo essere lungamente torturata confessò di essere stata anche lei assoldata dal Mossad.

Tutto questo per Reza Malek, uno dei direttori del ministero, è stato troppo e cominciò a parlare, a svelare quel che aveva capito capito e che sapeva, all’entourage di Khatami.  Reza fece uscire i film segreti di cui era in possesso, filmati che riprendono gli interrogatori della moglie Said Emami, le bestiali torture cui è stata sottoposta. Li mostrò ad alcuni dei più stretti collaboratori di Khatami, consapevole che quella per lui era una strada senza ritorno. Non immaginava però che oltre a trascorrere sei anni in isolamento a Evin, torturato da un collega che poi, con i metodi che si possono immaginare, avrebbe costretto sua moglie a sposarlo.
Dopo dodici anni di galera e torture Reza Malek sa che sua moglie è più vittima di lui, che loro sono due eroi, che vogliono salvare il loro Paese dalla colpa di aver venduta l’anima.

* Il Mondo di Annibale


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