Napolitano, Grasso e Amato al processo sulla morte di Falcone e Borsellino

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Dal tempo delle stragi che hanno colpito due magistrati divenuti i simboli della lotta alla mafia come Falcone e Borsellino con le loro scorte (donne e uomini uccisi con loro), nella società italiana ritornano periodicamente quei giorni terribili e i media rievocano le circostanze e le voci della tragedia.

Ma il processo per la morte di Borsellino sta vivendo per la quarta volta quel dramma, pur dopo il conflitto di attribuzioni tra il presidente della Repubblica e la procura di Palermo, concluso dalla Consulta in men che non si dica a favore del capo dello Stato.

Così ieri i pubblici ministeri Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Battaglia e Vittorio Teresi (Ingroia, come è noto, dopo le sue disavventure politiche, è stato trasferito alla procura di Aosta) hanno chiesto alla corte di Assise di Palermo di convocare al banco, (di fronte a imputati come i capimafia Totò Riina e Leoluca Bagarella, politici come Nicola Mancino e Calogero Mannino e militari come Antonio Subranni e Mario De Donno) 176 testimoni tra i quali il presidente Napolitano, il presidente del Senato Pietro Grasso e il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani ma anche ex ministri come Giovanni Conso, Claudio Martelli, Vincenzo Scotti e Giuliano Amato.

Una folla di testimoni eccellenti il primo dei quali Giorgio Napolitano potrà, per le sue prerogative, non testimoniare affatto ma non sarà facile farlo di fronte all’interesse di una parte dell’opinione pubblica che attende da molto tempo di comprendere alcune cose ancora del tutto oscure. Quando ci sono state trattative tra rappresentanti dello Stato e Cosa Nostra da sola o con le sue consociate? Su cosa sono avvenute? E come si sono concluse quelle trattative? Cosa lo Stato, e chi lo ha rappresentato, ha concesso ai mafiosi per porre termine alle stragi? Quale è stato il prezzo, insomma, e quando e come è stato pagato?

Come si può vedere la materia è ricca e scottante anche perchè alcune cose sono state accertate (le azioni della mafia prima di tutto e le morti delle vittime) e molte frasi di attori e protagonisti ancora da decifrare completamente, come la lettera scritta dal consigliere del Quirinale D’Ambrosio, morto d’infarto l’anno scorso che il 18 giugno del 2012, di fronte alla polemica aperta sulle trattative, scriveva: “I fatti di questi giorni mi hanno profondamente amareggiato personalmente e come il procuratore di Palermo ha già dichiarato e come sanno anche tutte le autorità giudiziarie a qualsiasi titolo coinvolte nella gestione e nel vario coordinamento dei vari provvedimenti sulle stragi di mafia del 1992 e del 1993, non ho mai esercitato pressioni o ingerenze che anche minimamente potessero tendere e favorire il senatore Mancino o qualsiasi altro rappresentante dello Stato comunque implicato nei processi di Palermo, Caltanissetta e Firenze.”

E poi quando i processi durano più di vent’anni e intervengono mutamenti di ogni genere i testimoni non ricordano o cambiano versioni e il raffronto che i giudici ne fanno pongono nuovi problemi difficili da risolvere. Così l’ex pubblico ministero ed ex parlamentare Giuseppe Ayala è convinto che la borsa rossa di Borsellino sia stata asportata dalla macchina in cui venne fatto saltare in aria ma non ricorda a chi ha dato la borsa in cui l’agenda doveva essere. E il colonnello Arcangioli che in un video amatoriale è visto vicino al luogo dell’attentato afferma che nella borsa non c’era l’agenda ma soltanto un crest dei carabinieri. Ancora due sottoufficiali dei carabinieri, i marescialli De Masi e Fiducia, testimoniano in momenti diversi di essere stati fortemente ostacolati mentre conducevano tra il 2001 e il 2004 indagini per arrivare alla cattura di Provenzano (successore di Totò Riina) che avverrà poi soltanto nel 2206, l’anno delle elezioni politiche generali e proprio il giorno del voto, dopo 41 anni di latitanza.

Insomma, i misteri di quegli anni tornano con una singolare regolarità e ripropongono agli italiani la necessità di far luce su questa parte ancora oscura del nostro passato recente, un buio profondo all’interno del quale sembra celarsi il tradimento dei principi fondamentali del nostro consorzio civile. A vantaggio di Cosa Nostra sempre più forte e invincibile.


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