Il vero “spread” tra noi e la Germania

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“M’inchino di fronte alle vittime di Sant’Anna. È per loro che abbiamo la responsabilità di costruire l’Europa e di proteggerla dalla speculazione che fa soffrire i popoli e nutre i nazionalismi”. Lo ha detto Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, lo scorso 12 agosto, recandosi a rendere omaggio alle cinquecentosessanta vittime dell’eccidio nazista di Sant’Anna di Stazzema. E ha aggiunto: “La lingua che io parlo è la stessa degli uomini che hanno compiuto questo eccidio. Non lo dimentico. Sono qui come tedesco e come europeo. L’Europa è la via migliore per non ripetere crimini come questo”.
I soliti cinici da strapazzo avranno già commentato che si tratta solo di belle parole e, dunque, non bisogna dar loro né ascolto né, tanto meno, credito. Pazienza, ormai abbiamo imparato a conoscerli e a relegare nell’oblio che merita la loro gratuita crudeltà, forse addirittura più grave e feroce di quella degli esecutori materiali della strage, in quanto artefice e complice della perdita di memoria e della scomparsa di curiosità delle giovani generazioni in merito a fatti storici di tale portata.
È anche e soprattutto colpa loro, infatti, se a qualche centinaio di chilometri di distanza da Sant’Anna un sindaco, precisamente il primo cittadino di Affile (in provincia di Roma), ha potuto inaugurare un “sacrario” dedicato al fascista Rodolfo Graziani (collocato dalla “United Nations War Crime Commission” al primo posto nella lista dei criminali di guerra italiani), senza destare eccessivo scandalo né suscitare la reazione forte e indignata che un evento così grave avrebbe meritato.
Sappiamo bene chi era Rodolfo Graziani, ciò che ha rappresentato storicamente e ciò che ha compiuto in Etiopia nel corso della colonizzazione italiana, perseguitando la popolazione civile, sterminando migliaia di persone coi gas (l’iprite, il peggiore) e rendendosi reo di barbarie d’ogni genere, a cominciare dalla quasi distruzione di Addis Abeba e dal massacro della comunità copta, vescovo compreso.
E il suo “curriculum” prosegue: dopo l’occupazione nazista, Graziani si pose al fianco degli occupanti tedeschi, sotto la guida di un altro tremendo protagonista della storia come il generale Albert Kesselring, comandante sul fronte italiano e protagonista di un altro celebre eccidio, quello delle Fosse Ardeatine, che scaturì come rappresaglia all’attentato di via Rasella, causando la morte di trecentotrentacinque italiani, inclusi ebrei e passanti catturati a caso per le vie di Roma.
Processato nel 1948 e condannato a diciannove anni di reclusione, ne scontò appena due, grazie alle amnistie e ai condoni che furono varati in quegli anni per evitare vendette e ulteriori spargimenti di sangue. Aderì poi al Movimento Sociale Italiano di cui divenne presidente onorario.
Questo è stato Rodolfo Graziani: un personaggio che ha seminato ovunque odio e distruzione, un fascista irriducibile che ha sempre rivendicato la propria fedeltà a quelli che secondo lui erano valori e princìpi da difendere ad ogni costo. Non a caso, sopra il “sacrario” campeggiano due parole: Patria e onore; due parole intense, importanti, significative, se non fosse che il soggetto in questione ha disonorato la Patria, trascinandola nel baratro di un conflitto che ha causato in tutto il mondo decine di milioni di morti e sfregiandola con vergogne come le Leggi razziali e la già menzionata conquista dell’Etiopia.


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