Una giornata intensa quella vissuta ieri a Parma, dove Libera e Articolo 21, con la collaborazione del Comune di Parma, hanno dato vita ad una serie di importanti iniziative nel nome della libertà d’informazione e della ricerca di verità per tre storie rimaste ancora senza giustizia.
Il primo appuntamento è in mattinata presso il polo scolastico di via Toscana, dove oltre un centinaio di studentesse e studenti delle scuole si ritrovano in palestra per ascoltare le storie di Ilaria Alpi, Andy Rocchelli e Mario Paciolla. Per oltre due ore al microfono si alternano i familiari di questi martiri dell’informazione, mentre le immagini dei loro cari scorrono alle loro spalle, e le parole lasciano spesso e volentieri spazio alle emozioni. Si crea così un silenzio dove l’attenzione resta sempre alta, al netto della fatica dei giovanissimi nel seguire i passaggi di vicende così complesse.
Tocca prima ad Umberto Alpi, cugino di Ilaria e poi a Mariangela Gritta Grainer, che da parlamentare prima e da amica dei genitori di Ilaria poi, ha seguito per ben 41 anni una storia fatta di depistaggi ed omissioni. Lunghi anni però che sono serviti a stabilire che l’uccisione dell’inviata del Tg in Somalia (Mogadiscio, 20 marzo 1994) e del suo operatore, Miran Hrovatin, è stata in realtà una vera e propria esecuzione, messa in atto per impedire che le notizie raccolte sul traffico di rifiuti e di armi venissero allo scoperto, unitamente alle rivelazioni sulla corruzione riguardanti la cooperazione internazionale.
Dalla Somalia all’Ucraina, dal 1994 al 2014. Per esattezza al 24 maggio che, oltre ad essere la data del compleanno di Ilaria, è anche il giorno in cui ha perso la vita in Donbass Andrea “Andy” Rocchelli, insieme all’attivista per i diritti umani Andrej Mironov, fatti bersaglio del fuoco dei mortai delle milizie ucraine. Una pioggia di fuoco, documentata fotograficamente da Rocchelli, fino ai pochi istanti precedenti la morte. Al dolore vissuto prima dai genitori Elisa e Rino per aver perso il figlio, si è sommata poi la beffa vissuta nelle aule del tribunale, dove nonostante la vicenda sia stata ricostruita e le responsabilità accertate, tutto è stato vanificato dalle pronunce dell’appello prima e della Cassazione poi, e nei palazzi della politica dove è sceso l’oblio nel nome del politicamente corretto.
L’ultima storia proposta agli studenti è quella del giornalista e cooperante Mario Paciolla, il cui caso è stato presentato all’opinione pubblica internazionale in modo sommario e improprio come un suicidio. In realtà, come ha ben documentato l’ultima inchiesta di Fanpage, quello di Mario è stato un vero e proprio omicidio, per il quale occorre ora un’inchiesta all’altezza. Sono Anna e Pino, i genitori di Paciolla, a manifestare ai presenti la speranza che l’opinione pubblica riesca a spingere le autorità a fare un passo deciso in avanti.
Il microfono tocca poi a don Luigi Ciotti, che richiama l’attenzione sulla sofferenza impressa nelle parole degli intervenuti: “Ci chiedete di trasformare la memoria del passato in un’etica del presente, nel segno della condivisione e della corresponsabilità. Le storie dei vostri cari che avete qui raccontato sono storie senza verità e giustizia e la giustizia e la verità non sono accessori della vita, perché la loro ricerca realizza la condizione della vita stessa”.
La mattinata si chiude con la costituzione da parte delle scuole partecipanti del presidio interscolastico di Libera, significativamente intitolato alla memoria di Giuseppe Rechichi, vicepreside dell’istituto magistrale di Polistena (RC), ucciso nel 1987 da una pallottola vagante. Anche le figlie del docente intervengono, esprimendo riconoscenza per la scelta fatta. Con loro anche Margherita Asta, sopravvissuta alla strage di Pizzolungo, dove persero la vita la madre Barbara e i fratellini Giuseppe e Salvatore e Marene Ciaccio Montalto, figlia di Giangiacomo, il magistrato ucciso dalla mafia nel 1983.
Nel pomeriggio, la sala consiliare del Comune di Parma ospita la cerimonia per il conferimento della cittadinanza onoraria a don Luigi Ciotti. “In virtù del suo instancabile impegno nella lotta alla criminalità organizzata, nella difesa della memoria delle vittime innocenti e nella promozione di una cultura della legalità e della giustizia sociale” : questa la motivazione con cui il sindaco Michele Guerra consegna al sacerdote la cittadinanza onoraria e anche il Sigillo della Città di Parma. Il primo cittadino sottolinea come la scelta abbia riunito la città: “Significa che Parma vuole avere don Ciotti fra i suoi concittadini e, soprattutto, che si vuole ispirare ai principi di vita e ai valori che rappresenta e su cui vuole costruire il proprio futuro. La Cittadinanza onoraria significa non solo accogliere don Luigi in una grande comunità, ma anche condividere un patrimonio di valori non negoziabili”.
“Il primo pensiero è la gratitudine verso la città di Parma – dichiara il fondatore del Gruppo Abele e di Libera – per questo riconoscimento che non viene dato tanto alla mia persona, ma a un “noi” che rappresento. Vorrei sottolineare l’importanza delle città che sono sempre “tessuti emotivi”: abbiamo bisogno di essere più, tutti insieme, cittadini responsabili, coltivando quelle modalità per includere le persone che fanno più fatica, per non dimenticarci che gli altri sono il termometro della nostra umanità”.
Finita la cerimonia, la giornata si chiude con l’incontro aperto alla cittadinanza presso la Chiesa di San Giovanni Evangelista. All’esterno il coordinamento provinciale di Libera dedica un flash mob proprio alla libertà di informazione e al rifiuto di ogni bavaglio all’articolo 21 della Costituzione, dando così continuità alla campagna nazionale “Fame di Verità e di Giustizia” che è partita nelle scorse settimane e che percorrerà tutta l’Italia.
L’incontro “Verità vo cercando” in ricordo di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Andy Rocchelli, Mario Paciolla, ospitato dalla bellissima Biblioteca Monastica dei Padri Benedettini, diventa l’occasione per sentire risuonare ancora con maggior forza le voci delle tre famiglie, tutte accomunate dal racconto della ricchezza della vita dei loro cari e non soltanto dall’esito violento della fine delle loro esistenze. Tutti gli intervenuti ribadiscono la necessità di fare massa critica per vincere l’oblio. “Non vogliamo vendetta, ma giustizia e anche sancire il principio che colpire chi rappresenta l’informazione danneggia tutti”.
Giuseppe Giulietti, coordinatore di Articolo 21, riafferma alle famiglie Alpi, Rocchelli e Paciolla la vicinanza di quella che è diventata la comunità di associazioni e singoli denominata #NOINONARCHIVIAMO nel mantenere accesi i riflettori sulle loro storie. Giulietti, nel commemorare il giornalista e attivista palestinese Alì Rashid, scomparso recentemente, ricorda gli oltre 200 giornalisti uccisi a Gaza, simbolo emblematico di una guerra crudele condotta contro bambini e donne inermi. E non mancano nel suo discorso gli accenni puntuali alle ripetute minacce a singoli giornalisti o testate del servizio pubblico e del privato e anche la richiesta di pronta liberazione del cooperante italiano Alberto Trentini.
Giulietti infine ribadisce che da Parma parte una carovana all’insegna della ricerca di verità e giustizia che punta ad attraversare il Paese per raccontare queste ed altre storie (come quelle di Graziella De Palo e Italo Toni o di Raffaele Ciriello) e per chiedere che sia fatta piena luce su vicende che colpiscono tutta la cittadinanza e non solo le famiglie coinvolte.
L’ultimo intervento è quello di don Ciotti che sottolinea l’importanza di un’informazione libera, pluralista e rigorosa, che non sia asservita ai poteri forti o si autocensuri: “Una democrazia sta in piedi e progredisce solo se è costituita da cittadini informati. Tutte le storie che abbiamo sentito questa sera sono storie di testimoni onesti e coraggiosi e noi abbiamo il dovere di stare al fianco delle famiglie cui sono stati strappati i loro cari. È necessario il nostro impegno per liberare il passato dal velo delle tante verità nascoste o manipolate ma anche liberarci dalla retorica di una memoria sterile”. “Non deve venire mai meno – conclude don Luigi – la volontà condivisa e incrollabile di esigere verità e giustizia e di denunciare le troppe coscienze dormienti, eticamente silenti se non complici”.
Finisce l’incontro, resta solo il tempo per un forte ed affettuoso abbraccio tra tutti i partecipanti ma anche l’impegno a rivedersi, presto, molto presto perché Ilaria, Andy e Mario – e le loro famiglie – non possono essere più lasciati soli.
(Pubblicato su LiberaInformazione)