Attenzione! La linea è tracciata: rifiutare il duce è ‘cancel culture’

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Qualche riferimento alla propria identità politica Ignazio La Russa lo aveva fatto, forse involontariamente, nel tentativo di mostrarsi ecumenico nel primo discorso da Presidente del Senato: aiuti agli emigrati, ma solo quelli che fuggono ’da guerre’, ricordo del Regno d’Italia. Forse, per quest’ultimo punto, in cuor suo si riferiva a Re Sciaboletta che accolse a braccia aperte Benito Mussolini. Ma ha evitato saggiamente di sottolinearlo. Ora, però, è stato molto più esplicito nell’affermare quel che pensa: rimuovere le foto del Duce dai luoghi istituzionali sarebbe, secondo lui, ‘cancel culture’. In altre parole, la Costituzione che condanna il fascismo e la sua eventuale ricomposizione produce una rimozione culturale, come se il Fascismo fosse assimilabile, che so, al cubismo, al futurismo, all’espressionismo, all’impressionismo, al simbolismo, al neorealismo etc.

Ora, che il Fascismo sia stato ben altra cosa lo ha mostrato la Storia del nostro Paese e che qualche nostalgico quella storia voglia in qualche modo riscriverla è del tutto evidente. La foto di Mussolini che compare al MISE in presenza del ministro uscente, Giorgetti e dell’appena fuoriuscita presidente del Senato Alberti Casellati più che una ‘distrazione’ sembra essere stato un ‘ballon d’essai’, per “vedere l’effetto che fa”. Che ci sia voluta la protesta di Pierluigi Bersani per far rimuovere l’effigie la dice lunga sulla coscienza antifascista di importanti rappresentanti dello Stato che pure hanno giurato sulla Carta Costituzionale. Se lo fanno loro, perché da Predappio in giù o in su non dovrebbero fare altrettanto? E perché, allora, non esporre foto del Duce da agricoltore nei locali del ministero delle Politiche agricole, del Duce da aviatore nei locali dell’Aeronautica Militare, con l’elmetto in testa al Ministero della difesa? O qui c’è già, così come pare ci sia anche a Palazzo Chigi?

Giova ricordare quanto quella pratica influenzò uno dei più appassionati imitatori del Duce, il Cavalier Berlusconi, nel mostrarsi operaio, ad esempio.

Pratica esagerata quella di sollecitare attenzione al pericolo? Non credo, anche perché si avvicina il 28 ottobre e vedremo cosa i nostalgici faranno in occasione del centenario della conclusione della Marcia su Roma e quale sarà la risposta dello Stato. E’ bello sentire anche tanti cosiddetti democratici pontificare sul fatto che il fascismo non tornerà. Certo non userà più l’olio di ricino e le bastonature a morte, ma quando penserà a colpire i diritti che la Repubblica Democratica ha finora garantito nei primi 75 anni di vita? Fontana sui gay e Gasparri sulla 194 hanno già cominciato ad esprimersi. E cosa ne sarà del reddito di cittadinanza, delle autonomie regionali che si tenterà di differenziare tra nord e sud, delle pensioni, delle garanzie alle donne in maternità, dell’autorizzazione ai padri a mettersi in aspettativa per accudire i figli? E chissà quante altre tutele saranno cancellate. Basterà per dire che, comunque, non viene usato l’olio di ricino? Oppure quello sarà l’alibi per chi sta già lanciando segnali in tal senso per fare da stampella quando il governo che fatica a nascere comincerà a zoppicare?


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