L’articolo 21 al tempo di Internet. Il nuovo concorso nelle scuole promosso da Articolo21

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Ricordo la felicità di poter parlare liberamente, nel giorno in cui Roma fu liberata”. La testimonianza di Iole Mancini, 103 anni, partigiana torturata dai nazisti nel carcere di Via Tasso è il più bel regalo che Articolo 21 potesse attendersi per la festa dei suoi vent’anni. La libertà d’espressione è la pietra angolare della Costituzione ma, proprio per questo, se viene calpestata o semplicemente limitata, è l’intero ordine democratico che viene messo in discussione.

Nasce da questa consapevolezza l’attenzione che Articolo 21 dedica al mondo della scuola promuovendo campagne di educazione ai media sotto forma di concorsi che impegnano attivamente i giovani ad acquisire capacità critica e di giudizio nel valutare le notizie e le informazioni. Dal 2016 sono stati realizzati, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, la Fnsi, l’Ass. Costituzionalisti e la Rai, quattro concorsi che hanno visto la partecipazione di decine di migliaia di studenti di oltre 700 Istituti superiori di 20 Regioni.

Il concorso dell’anno scolastico 2022-2023, annunciato nel corso dei festeggiamenti, è intitolato “Rileggiamo l’Articolo 21 della Costituzione al tempo di Internet”. Lavorando collegialmente, con il coordinamento di un docente referente, gli studenti dovranno elaborare un testo originale di circa trenta righe, eventualmente corredato da un video, che interpreti il principio di libertà d’informazione alla luce dei mutamenti tumultuosi prodotti nella sfera pubblica dall’accesso, in quest’ultima, di almeno due miliardi di cittadini, in poco più di un decennio.

Il diritto di essere informato implica imparzialità e completezza da parte dei giornalisti ma, al tempo stesso richiede cittadini in grado d’interpretare correttamente le notizie e le informazioni, di verificarne l’attendibilità di saperle contestualizzare, e infine di esprimere un giudizio fondato sulla ragione piuttosto che sulla suggestione e il pregiudizio. Pertanto, se un numero crescente di cittadini, e, tra questi, i giovani, precipita nel cono d’ombra dell’analfabetismo funzionale e culturale, il diritto all’informazione è negato, quanto meno amputato.

È penoso dirlo ma l’Italia è al 29° posto su 36 nella classifica Ocse sulla capacità degli studenti, che escono dalla scuola dell’obbligo, di comprendere un articolo di giornale e di riassumerlo. Quest’arretratezza rischia di stemperare tutte le sacrosante battaglie contro le concentrazioni di potere nei media, le leggi bavaglio e le querele temerarie perché quant’anche idealmente si riuscisse a vincerle tutte, a goderne dei vantaggi sarebbe solo una minoranza.

Norberto Bobbio annoverava il cittadino non educato, tra le promesse non mantenute della democrazia. Il diritto all’informazione ha a che fare non solo con chi, a vario titolo, la produce e con le leggi che lo regolano ma anche, necessariamente, con l’adeguatezza e l’idoneità di chi la riceve. Che cosa penseremmo di un padreterno che dà il pane a chi non ha i denti?


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