Ma questo è servizio pubblico?

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Fa un effetto straniante non avere da giorni sui canali della Rai nessuna informazione da Mosca, mentre altri canali e tante testate on line e cartacee informano con corrispondenti o inviati in Russia.

Pensavo a tutto questo ricordando con nostalgia e commozione Sergio Canciani, un professionista straordinario, un gentiluomo, un conoscitore della Russia al punto di aver raccontato la pericolosità di Putin dieci anni fa, quando l’Europa intera lo corteggiava e speso osannava.

Chi paga il canone non si merita tutto questo, chi paga il canone ad un’azienda che ha la missione del servizio pubblico deve pretendere l’informazione da ogni luogo del mondo, anche in guerra. Gli inviati di guerra della Rai hanno scritto la storia e, lo so molto bene, hanno anche pagato con la loro vita.

Adesso un vertice aziendale già condannato per comportamento antisindacale non risponde neppure alle sacrosante domande dell’Usigrai che vuole giustamente sicurezza per i colleghi ma insieme al rispetto degli utenti del servizio pubblico. Ho scritto pochissimo sulla Rai da quando sono andata in pensione, la Rai è stata 35 anni della mia vita e ho imparato tutto dalle persone meravigliose che si incontrano in quell’azienda.

Ho evitato finora di fare riferimento agli svarioni clamorosi (la scalinata di Odessa e la corazzata Potemkin), alle musiche di sottofondo alle immagini di stragi e di morti, al passare la parola ai corrispondenti come fossero stadi di calcio, tutte questioni che non riguardano il valore enorme e professionale dei corrispondenti e inviati, ma la guerra raccontata a senso unico e il non rispetto del diritto ad essere informati sono insopportabili.

E purtroppo giustificano dubbi e sospetti sulle reali motivazioni di questo comportamento da parte di chi dovrebbe avere sempre e comunque un unico editore di riferimento, i suoi utenti, il suo pubblico, i diritti costituzionali e il rispetto dei propri dipendenti.


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