Obiettività, pluralismo, rigore, rispetto: l’irrinunciabile lezione di Sergio Lepri    

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Nella mia storia professionale ho avuto la fortuna di godere di una brevissima ma indimenticabile ‘lectio magistralis’ da parte di Sergio Lepri. Era il 1980, l’anno in cui l’ANSA decise di aprire le sedi regionali. Dopo una selezione fatta a Roma nel settembre, entrai in Agenzia il 15 ottobre successivo, da praticante. La gavetta dei neoassunti prevedeva i turni più faticosi. Uno di questi era quello dell’alba, da soli, in redazione, senza capi e neppure telescriventisti. Se fosse accaduto qualcosa di rilevante ci si sarebbe dovuti rivolgere direttamente alla redazione centrale, in via della Dataria a Roma.

Il turno dell’alba prevedeva le telefonate a tutti i posti di polizia operanti nei pronto soccorso, alla Questura, alla stradale, ai Carabinieri. La mattina del 17 novembre, quindi dopo poco più di un mese dal mio ingresso in Ansa, telefonai all’OAIO, l’organismo dell’Arma che allora forniva informazioni. Mi rispose un maresciallo, forse assonnato come me, che, senza porsi alcun problema, leggendo il brogliaccio delle notizie, mi informò che nella notte era stato trovato in brutte condizioni fisiche e trasportato all’ospedale San Francesco di Nuoro tal Fritz Aberg. Non seppe aggiungere altro, mentre io fui bruscamente risvegliato dal mio torpore perché ricordai immediatamente. Fritz Aberg, imprenditore svedese che operava da anni nel settore turistico nel territorio di Orosei, sulla costa centro-orientale sarda, era stato sequestrato sei mesi prima e non se ne era saputo più niente. Come da disposizioni severissime, dovevo immediatamente cercare conferme. Ma io non ero ancora in grado di farlo non avendo ancora acquisito l’indispensabile rete di conoscenze. Così, come mi era stato ripetutamente raccomandato dall’allora responsabile della redazione cagliaritana, Emilio Carta, chiamai immediatamente Roma, informai i colleghi in servizio e li pregai di far loro le necessarie verifiche rivolgendosi al Comando Generale dell’Arma. Furono rapidissimi, ebbero la conferma e l’Ansa diede per prima la notizia della liberazione di Aberg avvenuta 188 giorni dopo il rapimento.  Il collega romano che redasse la notizia ebbe la sensibilità di inserire accanto alla sua, anche la mia sigla, che era Ol.

Nelle ore successive, mentre si acquisivano ulteriori particolari sulla vicenda, Sergio Lepri chiamò il responsabile della redazione per congratularsi e poi volle rivolgersi anche a me per dirmi che la prudenza avuta quella mattina nel chiedere controlli accurati su una notizia avuta grazie a un colpo di fortuna doveva diventare la mia principale regola operativa.

Cominciò in quel modo il mio percorso professionale che grazie anche agli scritti di quel grande giornalista mi ha formato non solo nel rispetto e nel valore dei contenuti dello scrivere, ma anche nel dovere di rendere accessibili a tutti, senza messaggi criptici, le informazioni. Una lezione insostituibile per chi voglia svolgere onestamente, con competenza, obiettività e rispetto dei fatti e delle persone questa professione affascinante ma più difficile di quanto non si faccia credere.


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