Regeni, due anni fa rientrava ambasciatore in Egitto. Nessun passo avanti per verità e giustizia mentre business prolifera

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A 2 anni dal rientro dell’ambasciatore italiano a Il Cairo quei “passi avanti” che si voleva ottenere con la ‘normalizzare’ dei rapporti diplomatici con il governo egiziano, nell’inchiesta sull’uccisione barbara di Giulio Regeni, non sono mai stati computi.
Ma la scorta mediatica, avviata proprio in occasione dell’insediamento del nostro nuovo  diplomatico nel Paese, Gianpaolo Cantini, non ha mai smesso di continuare a chiedere
#veritàpergiulioregeni. Intanto, però, le relazioni tra Italia e Egitto vanno a gonfie vele. Anche in queste ore delegazioni di imprenditori, quattro solo nell’ultima settimana, sono nella capitale egiziana per chiudere accordi milionari con imprese e enti governativi locali. 
Un business per decine di miliardi in Egitto che vede in prima linea molte aziende italiane, ma anche europee, che prolifera a discapito dell’etica, ignorando volutamente i metodi da regime del governo egiziano, e della dignità, per quanto riguarda l’Italia, che ha visto al Cairo, capitale del Paese, massacrare un giovane ricercatore i cui familiari sono ancora in attesa di verità e giustizia.
Questo pezzo non poteva dunque che iniziare con un incoraggiamento a Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, 27enne di Fiumicello scomparso il 25 gennaio del 2016 e ritrovato morto 9 giorni dopo, il 3 febbraio,  con evidenti segni di tortura su tutto il corpo lungo la strada che da Giza si estende verso Alessandria.
Capofila degli interessi italiani in Egitto resta l’Eni. Come dimostra il recente incontro tra il ministro del Petrolio egiziano, Tarek el Molla, e l’amministratore delegato dell’azienda, Claudio Descalzi, a margine della Conferenza World Energy Congress (Wec) 2019, in corso ad Abu Dhabi.
Le parti hanno discusso dei piani della società italiana nelle concessioni in Egitto, oltre che degli investimenti nel paese nordafricano, in vista delle gare che verranno pubblicate dal ministero del Petrolio.
Descalzi ha confermato che l’azienda continuerà a investire nel paese, parallelamente allo sviluppo delle sue attività nel prossimo futuro “perché l’Egitto è una delle più importanti aeree in cui opera Eni”. Secondo il dicastero del Petrolio egiziano, l’Ad di Eni ha sottolineato l’interesse della società per le opportunità di investimento nel settore a monte (upstream). Eni sta lavorando nel settore petrolifero egiziano per contribuire a scoprire nuove risorse di greggio nel Deserto occidentale.
L’accordo si inserisce nell’ottica dei positivi rapporti commerciali fra Italia ed Egitto, che hanno fatto del nostro Paese uno dei principali partner industriali del Cairo.
‘Entrare’ nel piano di politica energetica varato dal Governo egiziano per sostenere gli investimenti stranieri destinati allo sviluppo delle energie rinnovabili, era il sogno di molte aziende.
Progetti, in un Paese ricco di risorse energetiche di origine fossile, estremamente appetibili per qualunque società pronte a partecipare allo sviluppo di lungo periodo dell’Egitto sulla scia del piano di modernizzazione identificato dal Governo per il futuro prossimo del Paese.
Il tutto ignorando deliberatamente le sistematiche violazioni dei diritti umani, più volte denunciate da questo sito ancor prima del caso Regeni, che il regime di al-Sisi continua a perpetrare nell’indifferenza di chi ha il solo interesse di far proliferare gli affari.

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