Il sociologo Carmine Zamprotta risponde a Maurizio De Giovanni: “uniamo le forze per la nostra Napoli”

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Hanno fatto non poco clamore le dichiarazioni di Giovanni de Giovanni, figlio del noto scrittore Maurizio, su quanto accaduto alla propria famiglia nell’ultimo anno. Ne sta nascendo una sorta di tam tam mediatico, grazie anche all’appello di Maurizio che ai microfoni della Rai ha dichiarato che “Napoli è una città che non va abbandonata ma, adesso, è giunta l’ora di seguire tutti insieme un unico obiettivo per cambiare, finalmente, il modo di pensare e di agire di tutta la cittadinanza”. Noi ne abbiamo approfittato per approfondire l’argomento con il sociologo napoletano Carmine Zamprotta che ha da poco pubblicato un libro, “La città insensibile” (Graus Edizioni), che tratta proprio di temi di criminalità e recupero sociale.

Dottor Zamprotta ha richiamato in modo forte e decisa l’attenzione degli organi di stampa, anche nazionali, l’appello lanciato sul web dal figlio (Giovanni) dello scrittore Maurizio de Giovanni. La sua famiglia ha subito la rapina di due scooter, un furto in casa, un tentato furto d’auto e tentata rapina a mano armata e tutto nell’ultimo anno. Lo scenario due rioni della cosiddetta Napoli bene come il Vomero e di Posillipo. Pura normalità quotidiana o bisogna preoccuparsi?
Da troppo tempo a Napoli si è creata una frattura tra i cosiddetti rioni bene e quelli popolari, creando una vera e propria discriminazione all’interno dello stesso popolo. Lascia perplessi che ci si accorga e si ritorni a parlare dei gravi problemi della città solo in seguito ai richiami di parenti e amici dei soliti noti, sottacendo le continue e quotidiane violenze e prevaricazioni perpetrate tra le strade dei nostri quartieri.  Purtroppo, si tratta di una quotidianità di cui bisogna preoccuparsi, oramai non esistono più confini tra centro e periferia, e molti rioni del centro si sono trasformati in polveriere gestite dalla malavita locale. Si ai richiami forti, ai proclami, ma senza dimenticare nessuna fetta del territorio, in troppe aree il degrado socio economico regna sovrano.

Il figlio di de Giovanni poi prosegue, chiedendosi cosa debba accadere ancora per vedere la cittadinanza unita in un unico e corale fronte a difesa di valori e di una città bella come poche altre al mondo?
Oggi viviamo una crisi profonda, determinata dall’assuefazione, da parte dei cittadini, a non confrontarsi con episodi di una certa gravità: violenza, abusi, illegalità come vissute come fatti normali; anche di fronti ad episodi gravi ci si ferma, si protesta, si grida, ma dopo qualche giorno tutto ritorna nella normalità.  Abbiamo bisogno di una forte svolta social-culturale che investa tutti, dal mondo delle professioni all’ultimo dei cittadini, un richiamo alla convivenza civile, ribadendo un forte no ad ogni tipo di discriminazione di pelle, sessuale e religiosa. Napoli è sempre stata la capitale della cultura e dell’accoglienza: solo con la solidarietà e la collaborazione di tutti i settori sociali e politici sarà possibile invertire la rotta.

Lei è un sociologo, ma allo stesso tempo anche uno scrittore, e nel corso del suo lavoro si è occupato di tantissimi progetti per il recupero dei minori. Qual è adesso la situazione dei giovani a rischio a Napoli?
Il volontariato ha perso mordente, vitalità, sono lontani gli anni quando si riusciva a coinvolgere masse di giovani, a decine, per organizzare un campo estivo a Scampia o corsi di doposcuola. Oggi, questo tipo di attività si sono burocratizzate, i volontari operano solo se ricevono un cospicuo contributo spese a fine mese, le associazioni si sono trasformate in vere e proprie holding gestite coscientemente da privati e partiti, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: è aumentato il numero dei minori arruolati dalla camorra come vedette e corriere, mentre l’evasione dall’obbligo scolastico ha raggiunto vette assurde.

Anche la prefazione di don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis, si sofferma sull’età anagrafica di chi commette i crimini negli ultimi anni si è notevolmente abbassata.
L’età si è notevolmente abbassata poiché non esiste alcun tipo di protezione per i minori; è venuto a mancare quel collegamento tra scuola e famiglie, non si investe più nell’educazione e nella cultura. Quindi, non c’è da meravigliarsi che nonni e genitori insegnano a bambini di 4/5 anni come imbustare dosi di cocaina, mentre per quelli più grandi, come adottare misure per evitare di essere intercettati dalle forze dell’ordine mentre trasportano dosi di stupefacenti. La maggior preoccupazione riguarda soprattutto l’uso di armi, nelle nostre scuole elementari e medie è aumentato, da parte degli insegnanti, la confisca di coltelli di ogni misura.

Il suo ultimo libro lo ha intitolato “La città insensibile”. Ha definito Napoli insensibile. Si tratta di una visione troppo forte o di un’istantanea della realtà?
Con questo titolo, spero di suscitare qualche reazione, vista la situazione in cui viviamo. La realtà ci mostra un paese che vive di finzioni, sopraffatto dalle finzioni televisive, dove il cattivo vince troppo spesso e si trasforma in eroe per tanti derelitti o per chi è alla ricerca di facili e violenti riscatti. Napoli sta perdendo la sua vocazione di città solare, si cerca di dimenticare avvenimenti efferati per non assumersi responsabilità, nessuno sembra voglia essere partecipe di questo riscatto, da tanti declamato ma da nessuno attuato.  Si è persa la sensibilità anche nelle piccole cose, rischiamo di trasformarci in una città buia, incapace di aiutare chi ci viene incontro.

Del suo prezioso pamphlet oltre alle attenti analisi, ai dati che lei offre al lettore ci ha colpito una sua riflessione: “La retorica del sole, del mare, delle bellezze architettoniche e della pizza non regge più, è fattibile solo per chi decide di venire in città per qualche giorno , per godersi il panorama e poi ripartire, senza vivere in toto le quotidiane emergenze di un territorio privo di prospettive”.
Da oltre un decennio, si cerca di coprire le carenze della pubblica amministrazione con versioni romantiche del passato, ma questo modo di fare non regge più, chi arriva in città ci resta per pochi giorni, facendo attenzione a non subire rapine e truffe. Oltre alle bellezze naturali ed architettoniche, i turisti non trovano nulla, solo disagi e carenza di informazioni. Una città a vocazione turistica dovrebbe fare di più, offrendo spazi ed accoglienza, coccolando chi decide di venire da noi per convincerlo a ritornare, cosa che non accade, visti le carenze nel settore dei trasporti e dei servizi, mentre l’offerta cultural- turistica è pari quasi allo zero.

La politica che ruolo recita in tutto questo?
Purtroppo, in città la politica non recita alcun ruolo, siamo all’anno zero; non esiste una classe politica adeguata, le risorse sane hanno deciso di ritirarsi di mettersi da parte. In un simile contesto, emergono solo i masaniello di turno che sfruttano il caos e la voglia di andar via. Una metropoli come Napoli non può essere amministrata e gestita a colpi di demagogia per far brillare le ambizioni personali di una classe politica scadente e priva di idee.

Si preferisce mantenere Napoli in questa eterna emergenza?
Da sempre la città vive una continua emergenza che ha favorito, e favorisce, le fortune politiche di alcuni partiti e singoli personaggi emersi dal nulla. Grazie a questa continua emergenza, la città rischia di sprofondare in un baratro senza fondo, facendo emergere le forze meno sane che presidiano il territorio.

Ritornando all’appello iniziale, al figlio Giovanni si è poi giustamente aggiunto anche il papà Maurizio, oramai celebre scrittore di fama mondiale capace di raccontare con i suoi romanzi il noir napoletano tra mille e più variegati colori. Maurizio De Giovanni ha sostenuto che “Napoli non è una città da abbandonare, ma un luogo in cui vivere e che adesso è giunto il momento di fare fronte comune”. Anche lei è uno scrittore. Dunque cosa ne pensa di questo appello? Crede che sia giunto il momento che l’intellighenzia napoletana si guardi negli occhi e decida di camminare insieme?
L’appello di Maurizio De Giovanni giunge in un momento fondamentale, occorre risvegliare le coscienze di chi vive in città, a partire da una nuova classe dirigente che operi con il contributo di quell’intellighenzia rimasta in silenzio sino ad ora. Si, è giunto il momento di fare fronte comune, al di là di steccati e delle poche ideologie che ancora resistono. Napoli è una città unica nel genere, che nessuno dovrebbe abbandonare, occorre una netta presa di coscienza da parte di tutti affinché si produca un recupero del territorio, a cominciare dalle aree poste ai margini della città. Il riscatto sociale, politico e culturale sarà possibile solo quando tutti insieme, nessuno escluso, decideremo di marciare nella stessa direzione. Solo allora Napoli sarà libera e salva dalle ipocrisie.


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