Referendum Kurdistan dell’Iraq: il 90% vota sì. Immediate le minacce dalla Turchia

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Stando ai primi risultati il Kurdistan iracheno ha detto sì. E’ quanto emerso nella notte dopo il referendum per l’indipendenza tenutosi ieri. Il 93 % si è detto favorevole e solo il 7% contrario. Alto il tasso di affluenza alle urne, ha votato il 78% dei 5,3 milioni di elettori registrati, sparsi in tre province del Kurdistan autonomo: Erbil, Sulaimaniyah e Dohuk, ma anche nella provincia contesa di Kirkuk dove il governatorato ha imposto il coprifuoco serale. Un sì, questo, che potrebbe aprire un nuovo capitolo nella storia e speranze in tutto il Kurdistan per un’indipendenza che lo abbracci interamente. Alla base del sistema repubblicano verso il quale si va incontro, vi è la premessa primordiale di includere tutte le minoranze etniche e religiose “come elemento essenziale nelle istituzioni dello Stato”, come si legge sul quotidiano Narinaazad.

Ed è questo che sperano anche gran parte dei curdi che a lungo hanno lottato e continuano a lottare per difendere la propria autonomia e libertà sempre negata, ostacolata.

LE REAZIONI AI CONFINI  Immediate le minacce e le misure prese da parte degli Stati che circondano il Kurdistan. La Turchia, difatti, dopo lo spoglio ha prontamente commentato minacciando un attacco improvviso: “L’esercito turco è schierato al confine con il nord Iraq, pronto a intraprendere i passi necessari”.  Il Presidente turco Erdogan ha inoltre dichiarato nullo il referendum: “Lo definiamo illegittimo, incostituzionale. Annunceremo serie misure durante la settimana. Chiuderemo il passaggio dei canali petroliferi da e verso la regione curda. La valvola è nelle nostre mani, è finita nel momento stesso in cui decidiamo di chiuderla.”

Vento contrario soffia, come prevedibile, anche da Baghdad dove il Primo Ministro Haider Al-Abadi ha ammonito, in un discorso in tv rivolto alla Nazione, la decisione del popolo curdo definendola: “una decisione unilaterale che va contro la Costituzione e la pace sociale.” Non solo parole, anche fatti immediati. Il Parlamento di Baghdad ha votato una mozione che “obbliga” il primo ministro nella sua qualità di capo delle forze armate dell’Iraq a “schierare l’esercito a Kirkuk e in tutte le zone contese”.

Eppure il popolo curdo resta saldo, unito nella costruzione di un progetto che li vuole proprio così uniti e indipendenti da Stati che per anni li hanno massacrati, sfuttati, deturpati. Peshmerga, PKK, YPG, YPJ si dicono pronti all’unanimità a difendere i confini minacciati, per difendere la vita del popolo e il diritto di indipendenza.

Il Presidente della regione autonoma curda Masoud Barzani ieri ha detto che l’Iraq è ormai “uno Stato settario”, aggiungendo poi: “Siamo arrivati alla convinzione che l’indipendenza ci permetterà di non ripetere le tragedie del passato.” In tutta risposta alle minacce turche, ha prontamente affermato: “La Turchia ha molto da perdere se chiude i confini con il Kurdistan. Noi andremo avanti, quale che sia il prezzo da pagare, senza cedere a pressioni o minacce. Perché il popolo curdo deve esprimere la sua volontà senza problemi.”


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