Stefano Rodotà, la gentilezza del diritto

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I miei coetanei lo ricorderanno soprattutto per la, purtroppo, mancata elezione al Quirinale, i più anziani per la sua lunga militanza politica nelle file della Sinistra Indipendente, oltre che nei Radicali e nel Mondo di Pannunzio, insieme ad un altro gigante del nostro tempo come Eugenio Scalfari.
Rodotà era la gentilezza del diritto, l’indipendenza della politica, il rispetto per il prossimo, l’amore, pressoché totale, per le istituzioni, la grandezza di una mente limpida e mai al servizio di qualsivoglia potere, di qualunque dominus, di chiunque si permettesse di porre se stesso al di sopra della collettività e dei beni comuni.
L’ho conosciuto in occasione di un incontro organizzato da Gianni Cuperlo nel febbraio del 2013, alla vigilia di una tornata elettorale fra le peggiori di sempre; ho approfondito i rapporti con lui negli anni successivi, fra piazze e manifestazioni, seminari e convegni, momenti di analisi e condivisione di valori e di ideali; gli dico addio con la morte del cuore, in una stagione nella quale l’incertezza regna sovrana e la sinistra sembra destinata a vivere un periodo di sofferenza dal quale potremo uscire solo con un mostruoso impegno collettivo.
Mi torna in mente, in questo momento, la sua tragica analisi sull’anno zero delle istituzioni, sul loro drammatico fallimento, sulla loro fragilità e sui pericoli cui questo contesto espone la democrazia.
Mi tornano in mente le sue riflessioni sull’importanza dei diritti, in difesa degli ultimi, dei deboli, degli esclusi, dei dimenticati e di tutti coloro che non hanno voce.
Mi torna in mente la sua passione civile in difesa della libertà d’espressione e la sua splendida interpretazione dell’articolo 3 della Costituzione, che egli riteneva la chiave di volta della Carta, capace di estendere i diritti già previsti e di generarne di nuovi (da qui la proposta di aggiungere un comma all’articolo 21 della Costituzione, riguardante la libertà e la neutralità della rete), affinché nessuno si sentisse escluso e la società nel suo insieme potesse crescere ed evolversi in senso progressista.
Un vero uomo di sinistra, simbolo di mille battaglie commendevoli e, non a caso, amatissimo dalla base e, in particolare, da una miriade di giovani.
Profumava di autenticità, di buongusto, di antica e modernissima saggezza. Era un difensore civico e un punto di riferimento nella tempesta dei nostri giorni.
Lo salutiamo con immenso dolore, soprattutto in considerazione del fatto che non ha lasciato eredi.


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