Terremoto in Ecuador: 235 morti e 1500 feriti

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Un terremoto di magnitudo 7.8 ha sconvolto le coste dell’Ecuador, sei le province gravemente colpite ma la scossa è stata avvertita in tutto il paese e nelle vicine Colombia e Perù. L’epicentro a 170 Km da Quito, nella provincia di Esmeraldas: Puertoviejo è la città più colpita, palazzi e strade distrutte; chiuse gli aeroporti del paese, quello di Manabí ha visto le torri di controllo sgretolarsi; da Esmeraldas a Guayaquil distruzione è ovunque. 235 morti, 1500 feriti e centinaia di dispersi. Jorge Glas, vicepresidente del Paese, l’ha definito il “peggiore movimento sismico che abbiamo affrontato negli ultimi trentasette anni”. Il presidente Rafael Correa, in visita al Vaticano, ha parlato di 10.000 militari e 4.600 poliziotti inviati nelle zone colpite. Il Venezuela ha già inviato i primi soccorsi e l’Italia, come altri paesi, si appresta a farlo. Il Segretario di Stato americano John Kerry ha espresso il proprio cordoglio e la volontà di assistere il paese.

L’Ecuador si trova in prossimità di un confine mobile tra le placche tettoniche e ha subito negli ultimi cento anni sette terremoti di magnitudo uguale o superiore a 7.0. Quello del marzo 1987 ha ucciso circa 1.000 persone. Il sisma, durato poco più di un minuto, è stato seguito da 55 scosse di assestamento. Come per il terremoto del giorno precedente in Giappone, l’Hawaii-based Pacific Tsunami Warning Center aveva lanciato l’allarme tsunami, poi rientrato. I due terremoti non sembrano correlati, come dichiarato da David Rothery, professore di geo-scienze planetarie al CEPSAR di Londra: ogni anno nel mondo ci sono almeno 20 terremoti di magnitudo 7.0. I due paesi sono localizzati lungo l’anello di fuoco, e il 90% dei terremoti nel mondo sono localizzati qui.

L’epicentro a 19 Km di profondità (11,8 miglia) e 27 Km (16 miglia) dalla costa ha investito il piccolo centro di Muisne, famoso per le sue spiagge incontaminate, ma si è avvertito in tutto il paese, in Perù e Colombia fortunatamente non ci sono stati danni. A Latacunga, nell’entroterra, dove da quasi un anno c’è l’allerta arancione per il Cotopaxi, c’è stato il “panico da eruzione”, come sottolineato da Cecilia Bassantes, funzionaria di Save the Childrende, “si è temuto che il terremoto fosse collegato all’attività del vulcano, il terzo più alto della terra e da un anno in attività”.

Ora c’è tanto da fare, il ministero della salute ha organizzato un servizio di coordinamento delle unità sanitarie e su facebook gruppi di volontari hanno istituito le Brigate di lavoro volontario per coordinare le attività. La Caritas Italiana ha già stanziato 100mila euro per le vittime del terremoto.


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