Per una politica antimafia moderna

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Il documento della Commissione Garofoli, del quale pubblichiamo in appendice la sintesi, sulle misure antimafia presentato alla stampa dal Governo l’altro ieri, costituisce un’ottima base, se attuata rapidamente, per una “politica antimafia moderna”. Attenderemo alla prova il Governo per saper quanto delle proposte avanzate dalla Commissione entreranno nel prossimo” patto di coalizione 2014” con la consapevolezza che esse non sono esaustive “se non segue una Riforma complessiva della Giustizia nella direzione dell’efficienza e della congrua durata dei processi”.

Il documento, benché innovativo, sinora non ha ricevuto grande attenzione dai media né dai partiti, confermando la sensazione che la lotta antimafia non sia una priorità politica. Eppure per la prima volta si fissa l’obiettivo di “colpire l’accresciuta portata economica delle mafie capace di condizionare intere aree del paese”; accentua la distinzione tra criminalità organizzata, quale fenomeno semplicemente delinquenziale, dedito a vari delitti, anche non estranei alle mafie, da quella di stampo mafioso definita dall’ormai storica legge Rognoni-La Torre.

Il peso dell’economia criminale stimato dalla Commissione Garofoli è pari all’1,7% del Pil (stime di altri osservatori sono più alte) e incide, secondo la Banca d’Italia, pesantemente sul Valore Aggiunto del settore privato nelle tre regioni meridionali, dove insiste il 75% del crimine organizzato. Infatti, questo è pari al 45%di quello delle regioni del Centro-Nord confermando la pericolosità, per l’economia legale e la stessa democrazia, delle mafie”aggiornate” ai nuovi processi economici e in espansione in altre Regioni (fenomeno noto sin dagli anni sessanta del boom economico). Anche nelle nuove aree d’insediamento delle mafie, avvenuta grazie alla disattenzione o la complicità delle locali classi dirigenti, il processo di crescita di quei territori è stato frenato. D’altra parte le mafie, utilizzando le imprese legali per ripulire i proventi delle loro attività illecite, sconvolgono la concorrenza e il tessuto civile già colpiti dalla crisi più grave del dopoguerra. Basta leggere l’aumento delle denunce per usura ed estorsioni.

Le misure di adeguamento  per il contrasto alle mafie avanzate dalla Commissione Garofoli fanno proprie,in gran parte, quelle chieste dal movimento antimafia per la semplificazione delle procedure di gestione dei beni sequestrati e confiscati e del loro riuso sociale, per il rafforzamento dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati con il coinvolgimento dei ministeri interessati, della stessa Presidenza del Consiglio dell’ANCI, delle associazioni antimafia destinatari dei beni, degli esperti in gestione aziendale. Il futuro direttore dovrà essere scelto tra una platea di varie competenze professionali. In tal direzione va anche la richiesta di introdurre nel Codice Penale il reato di autoriciclaggio, cioè di punire chi ricicla i proventi del reato commesso dallo stesso come avviene in altri paesi  europei, negli Usa. Ciò risponde alla sollecitazione degli organismi internazionali – Onu, Parlamento europeo, Ocse, Fmi- della società civile e all’obiettivo di estenderlo anche per punire quanti del sistema finanziario siano coinvolti.

Infine il documento si esprime per il rafforzamento delle misure di scioglimento delle amministrazioni degli enti territoriali inquinati dalle mafie mettendo in luce quanto già scritto dalle varie relazioni delle Commissioni antimafie delle precedenti legislature sul rapporto mafia-politica. Perciò, rendere più efficace l’applicazione del 416 bis e attuabile il 416 ter sul voto di scambio .

L’insieme del documento, assunto dal Governo Letta quale obiettivo da realizzare, è positivo, ma non esaustivo. Dovrà essere completato con quelle misure preventive prima del sequestro in corso di elaborazione dalla Commissione insediata dal Ministro della Giustizia e coordinata dal prof Fiandaca: intervenire anche sulle imprese che occasionalmente hanno avuto contatti con le organizzazioni mafiose; semplificare e rendere più incisive la certificazione antimafia e le misure di prevenzione patrimoniale; considerare l’evasione fiscale o doganale come reato presupposto del riciclaggio, cioè equiparare giuridicamente l’evasione fiscale ai “proventi o altre utilità” delle attività illecite di tipo mafioso.

C’è molto lavoro di elaborazione di leggi e decreti da fare, per il Governo Letta, pertanto occorre una grande volontà politica per superare l’opposizione di quanti nel Parlamento sono coinvolti  nel rapporto con le mafie e la corruzione.


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