Napoli, il bacio del male

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Nei giorni scorsi gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Napoli hanno arrestato anche Giuseppe Montanera, ritenuto il mandante del comando di fuoco che uccise per sbaglio il giovane Lino Romano. Così, hanno affermato gli inquirenti, si chiude il cerchio intorno a una triste vicenda che ha causato l’ennesima vittima innocente. Ma prima di Montanera, la settimana scorsa, le manette ai polsi sono scattate anche per il probabile esecutore materiale dell’omicidio il trentenne Salvatore Baldassarre, un uomo “che quando inizia a sparare non riesce a fermarsi”. E’ uscito dalla caserma ammanettato, circondato dai militari dell’Arma con sguardo spavaldo, ha scritto Antonio Pascale sulle pagine de Il Mattino “come un buffone, lanciando un bacio agli astanti” (nella foto) e alla giovane moglie. Dimostrando, semmai ce ne fosse bisogno, di non aver avuto alcun ripensamento su quello che ha combinato, sulla vita strappata per un errore a causa di una guerra messa in atto per controllare il mercato della droga che, silenziosamente, viene permessa dalla fragilità dei nostri Parlamenti che si susseguono senza intervenire adeguatamente. Chissà se l’idea Radicale di un mercato libero delle droghe potesse funzionare contribuendo, così, al definitivo debellamento del sistema camorristico. Lo so, apparirò provocatorio ma per mettere fine a tutto questo dovremmo essere pronti e disposti a mettere in essere qualsiasi azione.

Ma il punto sul quale si  è interrogato Pascale è proprio quella strafottenza mostrata dal Baldassarre, frutto di una violenza che non può più essere tollerata. E’ necessario un cambio di passo, ha affermato sempre Pascale perché “fino ad ora si è preferito raccontare le gesta di questi killer considerati uomini capaci di elaborare minime regole morali, uomini magari tormentati e solitari ma che fanno il lavoro che devono fare, in fondo migliori dell’ambiente che li circonda. Una visione del bene e del male come due facce della stessa medaglia”. Il tutto è però, conclude lo scrittore, il frutto di uno sguardo romantico insopportabile perché si tratta di un immaginario a uso e consumo di alcuni narratori e degli affiliati ai clan.  Ecco il punto cruciale dell’intervento. Si tratta di immagini, di un agire che, condivido in pieno rilanciando la tesi di Pascale, non dev’essere più mostrato o pubblicizzato né con la penna né con le immagini perché non si tratta di gesta omeriche. La stampa e chiunque fino ad ora ha amplificato queste azioni criminali dovrebbe interrogarsi e invertire la rotta. Non si tratta di non parlare più dei fenomeni mafiosi, ma almeno di non raccontare gli atteggiamenti criminali di chi recuperabile non lo è più. Invece, di questo ne sono convinto, il silenzio mediatico potrebbe aiutare i più piccoli a non subire il fascino dei violenti. Questo sì che rappresenta un buon investimento.


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