Brindisi, questa atrocità… cui prodest?

0 0

Ci risiamo! Ancora una volta durante una fase di transizione nella vita della nostra Repubblica si ripresenta la minaccia di una strategia della tensione. Gli attacchi dei cosiddetti anarchici, le bombole assassine di Brindisi (e cos’altro ancora nel futuro) la materializzano e riaprono una discussione dietrologica che accresce paura e terrore. È la vendetta della Sacra corona riunita per gli arresti subiti, un folle isolato, è terrorismo puro o mafia o cos’altro?

Per conoscere la verità storica dovremo aspettare sessantacinque, trenta o vent’anni? Quanti ne sono trascorsi dalla strage di Portella della Ginestra, dagli omicidi politico mafiosi di Moro, Mattarella, La Torre, Dalla Chiesa, dalle stragi di Capaci e via D’Amelio? La strage di Portella fu fatta eseguire dalla banda Giuliano con la supervisione della mafia, le altre dai “Corleonesi” o dai terroristi puri, ma per conto di chi? La verità storica è che quei delitti servirono a bloccare il possibile cambiamento politico sociale per conto di una parte di classe dirigente nazionale e di interessi internazionali. Parlo di verità storica e non giudiziaria perché solo la prima è acclarata mentre la seconda o è incompleta o non si troverà mai più come per le stragi del terrorismo rosso e nero.

L’atrocità di Brindisi cui prodest? A chi serve impaurire il paese colpendone i figli davanti una scuola? A chi serve dire che lo Stato ne uccide più della mafia? A chi serve sostenere che il Governo Monti può intervenire solo sulla crisi economica, ma non sulla corruzione come se questa non ne fosse una causa?

Qualche anno fa si è tentato con una sapiente campagna mediatica di convincere gli italiani che un piccolo uomo di Corleone, che si cibava di cicoria e ricotta e scriveva pizzini, era il capo dei capi della multiforme potenza finanziaria del crimine multinazionale organizzato, oggi viene alla ribalta la Sacra Corona Riunita. Ma dietro chi c’è? Quali forze hanno interesse a destabilizzare il paese mentre, accompagnato dal nuovo vento europeo, può andare verso un cambiamento storico dopo l’esaurimento del populismo berlusconiano? La questione per le forze politiche che si candidano alla guida della nuova fase del paese è come fare venire allo scoperto quella parte della classe dirigente che ancora una volta mostra di rifiutare la democrazia e ricorre all’uso della violenza. Allora più che soldati occorre mobilitare tutte le intelligenze investigative per scoprirla, con la consapevolezza storica che non sarà sufficiente la repressione giudiziaria e che bisognerà arrivare alla riforma della Politica nell’alveo della Costituzione. Se siamo ancora una Repubblica democratica parlamentare, come prefigurato dalla Costituzione del 1948, i partiti non potranno essere conventicole d’interessi personali o espressioni di un individuo ricco o carismatico. Dovranno ri-diventare espressioni democratiche organizzate d’interessi collettivi e non più di ristrette cerchie di privilegiati. Sembra banale dover dire che tutti i partiti tornino a fare politica come servizio sociale, ma è necessario. Non tutti i partiti sono uguali, ma tutti hanno contribuito, anche se in modo diseguale, al degrado attuale. Cambiare ripetutamente nome del partito, ma non i dirigenti, sposare il liberismo come pensiero unico, anche a sinistra, ha confuso tanta gente regalandola all’antipolitica e al populismo di “destra” e di “sinistra”.

Che c’entrano gli attentati e la tentata strage di Brindisi verso giovani innocenti con questo ragionamento? Se è vero che stiamo percorrendo col Governo Monti un difficile sentiero per uscire dalla crisi e approdare a un nuovo assetto politico-sociale, quei minacciosi segnali del nuovo e vecchio terrorismo politico e mafioso vanno interpretati come opposizione al cambiamento. Così fu a Portella nel 1947, nel 1978, nel 1982, nel 1992. Chi della classe dirigente è organica a questo disegno non lo sappiamo ancora. Sappiamo, però, che la maggioranza della società, delle istituzioni e della politica sembra non piegarsi alla minaccia verso la democrazia. Dal Movimento antimafia al Sindacato alla Confindustria, da Genova a Palermo a Brindisi si alza un no chiaro al nuovo terrorismo politico-mafioso con la consapevolezza che ciò non è sufficiente. Quei partiti che si candidano a guidare la nuova fase politica dovranno presentarsi con programmi convincenti e gruppi dirigenti locali e nazionali rinnovati, eticamente motivati da valori e interessi generali e non personali. Che sappiano parlare del bene comune pronunciando solo il pronome “noi”.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21