Ilaria Salis, per fortuna, non dovrà tornare in Ungheria. Non cadrà fra le grinfie di un governo illiberale, pericoloso e anti-europeista come quello di Orbán e questo è un bene. Il Parlamento europeo, infatti, nel momento decisivo, l’ha salvata per appena un voto, frutto della fronda presente anche all’interno del PPE nei confronti di un personaggio imbarazzante, filo-putiniano e inviso alla maggior parte dei membri del popolarismo europeo, a cominciare da polacchi e baltici. Ciò premesso, siamo molto felici per Ilaria, con la quale ci congratuliamo e alla quale inviamo un grande abbraccio, ma non ci accontentiamo dell’esito della votazione. Se lei è salva, difatti, l’Europa, questa Europa è in macerie. È in macerie lo stato di diritto, sono in macerie i principî costituzionali dei vari stati, è in macerie la dignità della politica, sono in macerie i sogni e le speranze delle nuove generazioni ed è in macerie la nostra indipendenza. L’Europa che vorremmo, infatti, non avrebbe avuto alcuna esitazione, respingendo all’unanimità la richiesta minacciosa di un Paese ormai ridotto a una democratura, dopodiché avrebbe avviato le procedure per renderlo definitivamente ininfluente, spiegando con chiarezza che repressione del dissenso, attacchi alla magistratura, mancato rispetto dell’autonomia dell’informazione, autoritarismo strisciante e persecuzione nei confronti di ogni minoranza sono incompatibili con le ragioni stesse per cui esiste l’Unione Europea. Se ciò non è accaduto, è perché siamo nell’epoca del trumpismo e dell’orbánismo arrembante, ben presente anche in Italia sotto forma di proposte di legge e di leggi già varate in aperto contrasto con la Costituzione e i suoi valori. Non solo: Ilaria Salis andava difesa non in quanto europarlamentare ma in quanto persona, con ogni probabilità innocente, invece è stata sottoposta a uno stillicidio di accuse per lo più infondate e di aggressioni dettate unicamente dal desiderio di farsi propaganda sulla sua pelle. È stato così per la destra conclamata, quella di governo per intenderci, ed è stato così anche per alcuni esponenti che si dicono all’opposizione ma non si è ben capito quando si dedichino a quest’attività, dando al contrario l’impressione di essere se non stampelle dell’esecutivo, comunque oppositori di comodo.
Non ne usciamo bene, insomma, da questa vicenda, come non usciamo bene dai silenzi su Gaza e sulla Flotilla, dal bellicismo esasperante mostrato a proposito dell’Ucraina, del piano di riarmo per dichiarare guerra non si è ben capito a chi (speriamo non alla Russia di Putin, dato che i promotori negano questa finalità ma si lasciano poi andare a dichiarazioni che vanno in direzione opposta) e dei continui cedimenti ideali e ideologici che ci stanno conducendo verso una deriva dalla quale faremo fatica a riprenderci.
Esultiamo, pertanto, per un risultato che non può che farci piacere, anche perché restituisce serenità a una donna già provata da indicibili sofferenze, ma non ci fermiamo nella richiesta di un cambio di passo, pena l’estinzione di un Continente che dà sempre più l’impressione di starsi trasformando in “un’espressione geografica”.
Una considerazione, infine, la meritano i sedicenti liberali di casa nostra, i garantisti alle vongole, coloro che difendono l’habeas corpus e il principio cardine del diritto romano in base al quale “in dubbio pro reo” solamente quando a finire sulla graticola è un potente, possibilmente appartenente alla loro congrega; quando in ballo ci sono, invece, la vita e l’incolumità di una povera crista, colpevole solo di essere anti-fascista, che si spalanchino pure le porte dell’inferno. Questa doppiezza interpretativa spiega bene il nostro degrado e la progressiva erosione delle basi su cui si fondava un tempo la nostra convivenza civile.
