La Calabria di Occhiuto volta le spalle alle vittime di Cutro. E obbedisce a Salvini

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Nell’aula del Tribunale di Crotone, dove è in corso il processo per i mancati soccorsi che hanno portato alla strage di Cutro, si tiene il processo a carico di quattro finanzieri e due ufficiali della Guardia costiera, accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.

Nessuno – spero – ha dimenticato che il 26 febbraio 2023, il caicco “Summer love” si è schiantato nella secca a un chilometro dalla costa calabrese. Di quella strage non sappiamo nemmeno il numero dei dispersi, abbiamo contato i 94 corpi che hanno raggiunto la spiaggia di Steccato di Cutro, senza vita. Di quei morti, 35 erano bambini, persino le bare bianche erano finite.

Quello che sappiamo – invece – è che ritardi e inerzie, hanno rappresentato una “grave negligenza, imprudenza, imperizia” da parte dei militari imputati che hanno violato, secondo i pm, la normativa europea e nazionale in materia di soccorsi in mare.

Il 12 maggio si è tenuta l’udienza preliminare, con 113 richieste di costituzione di parte civile: i familiari delle vittime e i superstiti, le associazioni e le organizzazioni non governative. Ma le istituzioni no. La Regione Calabria no, né i Comuni di Crotone e di Cutro. Figuriamoci il governo di Meloni, Salvini e Piantedosi.

Dopo aver loro voltato le spalle in mare, negando il soccorso, lo Stato, la Regione e i Comuni interessati hanno voltato le spalle alle vittime di Cutro, ai loro familiari e ai superstiti, anche in Tribunale.

La mancata costituzione di parte civile del governo era scontata, vista l’assoluzione d’ufficio garantita ai militari dal governo ancora prima che la Procura di Crotone e i Carabinieri concludessero le indagini. Ma i Comuni interessati? E la Calabria di Roberto Occhiuto – lo stesso che si è battuto il petto in quelle ore e nelle cerimonie successive?

Roberto Occhiuto, se possibile, ha fatto ancora peggio del governo vergognosamente coerente. Fino a poco prima dell’udienza, la Regione Calabria era l’unico ente ad aver chiesto di essere inserito tra le parti offese. Poi, ha fatto marcia indietro per sopperire al disappunto dell’Usim, il sindacato della guardia costiera, e al rimprovero di Matteo Salvini.

La Regione si è rimangiata tutto con una nota imbarazzata e imbarazzante, appellandosi a un errore: credevano fosse un processo contro gli scafisti, non contro i militari! Occhiuto, insomma, ha parlato di errore ma il sindacato dei militari ha rivendicato il successo politico suo e di Salvini.

Roma ordina, Catanzaro obbedisce. Come da copione, di una tragica e classica abitudine meridionale. Manza un anno alle elezioni regionali, tra lotte intestine e un’eterna campagna elettorale da portare avanti, la retorica della Calabria straordinaria panacea di ogni problema, non basta più.

Se c’è da impugnare il bastone, si impugni. Tanto più se bisogna puntarlo contro centinaia di disperati, che manco votano.

La Calabria è un’altra cosa.

 

(Pubblicato su nonseneparla.it)


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