Quell’attacco a Giovanni Tizian su una notizia documentata dalla magistratura. La coda avvelenata del caso Russia-Salvini

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Da giorni Giovanni Tizian e Stefano Vergine, i due giornalisti autori dello scoop sul caso Metropol e gli incontri tra componenti della Lega e agenti dei servizi russi, sono al centro di durissimi attacchi sia sui social che sul quotidiano La Verità. Entrambi hanno risposto difendendo il loro lavoro sul reportage del caso Russia, pubblicato sul settimanale L’Espresso nel 2019, quando la Lega era al Governo: “La trattativa tra Lega e servizi russi è accertata da audio e documenti, ma le nostre fonti sono segrete”.  L’attacco alle fonti dei giornalisti non è affatto una novità, come si è visto con il caso Report, altra vicenda che ha segnato un punto assai basso del tentativo di fermare il lavoro di inchiesta dei giornalisti italiani. Tizian e Vergine sono stati accusati di “inquinare la democrazia” e di aver creato quella notizia sugli incontri in Russai con l’unico obiettivo di “abbattere” politicamente Matteo Salvini. Il giornale la Verità nei giorni scorsi ha pubblicato una sorta di contro inchiesta che avrebbe l’obiettivo di smontare quegli incontri riportati da L’Espresso nonché di ricondurre l’inchiesta de L’Espresso ad una montatura. Su Il Domani i due giornalisti che sollevarono il velo sulla storia degli incontri sottolineano che, come accertato dalla procura di Milano, la trattativa tra Gianluca Savoini, che era uomo di fiducia di Matteo Salvini e presidente dell’associazione Lombardia-Russia, e agenti russi in quei mesi ci fu eccome. Incontri documentati. Il fine di quella trattativa, come certificato dalle autorità giudiziarie, era quello “di finanziare illecitamente il partito Lega, grazie ai rapporti che Savoini aveva saputo tessere con influenti personaggi del mondo politico, economico, culturale russo”.

(Nella foto Giovanni Tizian)

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