La bellezza non basta. L’amore del Rinascimento che ha cambiato il mondo. “Amarsi” di Giulio Busi e Silvana Greco

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Se bastasse la bellezza, il Rinascimento non sarebbe mai nato. La bellezza non basta. È questa, nell’analisi di Busi e Greco, la grande scoperta del Rinascimento.

Gli artisti e gli scrittori rinascimentali scavano il marmo, stendono la pittura, infilano collane di parole. Ma il loro segreto non è fatto di pietra, di colori, d’inchiostro. Assieme alla bellezze, impastano emozioni. E le mettono per iscritto. Le dipingono. Le disegnano. Le modellano.  E l’enorme quantità di scritti, schizzi, dipinti, affreschi, statue rendono omaggio al loro amore, vissuto, immaginato, sognato, desiderato, subito.

Il Rinascimento esplora il desiderio, lo trasforma in forme che si librano nello spazio, si torcono, si congiungono, si amano. Si amano di un amore diverso, sperimentale, egregiamente indagato dagli autori il cui scopo è portare alla luce proprio il nuovo modo di dire, vedere e fare l’amore. E la ragione principale per la quale lo hanno fatto è che i modelli amorosi del Rinascimento, i percorsi di seduzione, l’affinamento psicologico dei sentimenti messi a fuoco in Italia in quest’epoca inimitabile sono ancora dominanti oggi.

Incisioni e libri a stampa divulgano posizioni erotiche, liberano la sessualità, la portano dal chiuso delle alcove sotto gli occhi di molti, se non di tutti. Questa libertà, contro cui si schierano ben presto le autorità ecclesiastiche, ha naturalmente anche i suoi lati oscuri. Il Rinascimento escogita nuove forme di mercificazione del desiderio.

È in quest’epoca che si afferma il fenomeno delle «cortigiane oneste». Eredi delle etère dell’antichità classica, le cortigiane rinascimentali uniscono l’avvenenza a una conversazione brillante, uno stile di vita sofisticato e a talenti artistici. Hanno spesso un’ottima educazione, superiore alla media, e la loro compagnia, unità a disponibilità sessuale, è ambita dagli esponenti dell’élite. Chiamarle prostitute d’alto bordo, sottolineano gli autori, non rende ragione del loro ruolo, che ha profonda influenza culturale.

Se il modo di concepire l’amore cambia, è anche grazie alle donne che entrano, in maniera prima impensabile, nel discorso pubblico e che sanno colloquiare alla pari con gli esponenti del mondo umanistico. Non soltanto cortigiane, di solito impegnate in un’ascesa sociale che, da condizioni relativamente modeste, le porta a contatto con il potere economico e politico. Parecchie scrittrici e qualche artista visiva, spesso di estrazione alto borghese o nobiliare, interpretano seduzione e desiderio con accenti nuovi, ed evocano un altro eros, più ricco di sfumature, di quello che viene dall’universo maschile.

Il femminile acquista, nel Rinascimento, maggiore profondità, una più nitida consapevolezza psicologica. Non è ancora la piena autonomia a cui punterà l’età moderna, ma il passaggio è comunque fondamentale. L’amore, il desiderio, la passione che sembrano esplodere oppure implodere allorquando si scontrano con le recrudescenze del passato, del maschilismo, dei dogmi della religione. Allora come ora.

Pietro Bembo è stato uno dei paladini più determinati dell’amore platonico, della dicotomia: amore infelice-amore fisico vs amore felice-amore ideale. E lo è stato nei suoi scritti, nei suoi libri. Nei salotti, in camera, in tante lettere eleganti e in spiegazzati, frettolosi bigliettini, fu invece amatore seriale di donne in carne, ossa, occhi, volti e corpi. Con alterne fortune, naturalmente, ma con una melodica arte di seduzione, che non gli impedì di giungere fino al cardinalato.

Vicende che riportano alla mente le tante analogie tra il periodo rinascimentale e quello attuale. Ai tanti “scandali” che riempiono le cronache con la stessa facilità e velocità con la quale finiscono nel dimenticatoio generale.

Il grande Michelangelo Buonarroti sempre schivo nel raccontarsi ha lasciato uno dei più suggestivi esempi di pathos amoroso rinascimentale. Un messaggio composto per «Tomao», ovvero Tommaso Cavalieri, il giovane che Michelangelo incontra a Roma, nell’autunno-inverno 1532-33 e per il quale prova ammirazione, attrazione, imbarazzata affinità. Più che parlar d’amore, quello michelangiolesco è amore in parole, e in immagini.

Accanto al bello, il Rinascimento scopre l’emozione, la vicinanza dei corpi, persino le loro imperfezioni. Nelle relazioni fra donne e uomini, in quelle omoerotiche, tra ceti diversi, la rivoluzione amorosa del Rinascimento cambia per sempre la società. Per certi versi la sconvolge, di turbamenti i cui strascichi sono, in parte, ancora irrisolti.

Anziché un Rinascimento dell’individuo, che vuole affermarsi contro tutti, Busi e Greco immaginano una trasformazione guidata dai sensi, un modo nuovo di orizzontarsi nel reale. Gli uomini e le donne del Rinascimento sono, come vuole Burckhardt, più individualisti dei loro predecessori, ma sono anche immersi in una sensorialità diversa. Si mostrano in maniera più tangibile, si muovono nello spazio con migliore consapevolezza dei loro corpi, affinano con maggiore cura il loro sentire.

Analizzano a fondo scritti e dipinti gli autori, guidando il lettore attraverso letteratura e arte rinascimentale. Un’immersione in un mondo dall’oggi non così distante così si può ipotizzare o sperare. Un percorso che elude critiche e pregiudizi, abbracciando invece la sete di conoscenza e comprensione del lettore e degli stessi autori. Comprendere come le persone si rapportano con le proprie pulsioni intime per certo aiuta a capire il loro modo di comportarsi in pubblico. Esiste una stretta interrelazione tra il modo in cui una persona ama se stessa, ama un altra persona e la maniera in cui poi esse si ameranno tra loro. Ed è su questo punto affatto scontato che il libro di Busi e Greco svela tutta la sua grandiosità.

 

Il libro

Giulio Busi, Silvana Greco, Amarsi. Seduzione e desiderio nel Rinascimento, ilMulino, Bologna, 2022.

Gli autori

Giulio Busi: esperto di mistica ebraica e di storia rinascimentale, professore alla Freie Universität di Berlino. Collabora alle pagine culturali de «Il Sole 24 Ore».

Silvana Greco: studiosa di sociologia della cultura e dell’arte, professoressa alla Technische Universität di Dresda.


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