Papa Francesco in Africa, tappa in Congo e Sud Sudan tra guerre e crisi dimenticate

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Il tanto atteso viaggio apostolico di Papa Francesco in Africa inizia da Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, dove il Santo Padre si fermerà fino al 3 febbraio per poi volare in Sud Sudan.
Una visita che si compie in un contesto di grandi tensioni come sottolinea l’inviato speciale nella regione dei Grandi Laghi del Segretario generale delle Nazioni Unite.
“I presidenti Paul Kagame e Félix Thisekedi devono sforzarsi didisinnescare il conflitto tra Ruanda e Congo, smorzando le tensioni attraverso il dialogo”.
Nelle parole dell’inviato speciale Onu Huang Xia, c’è tutta la profonda preoccupazione della comunità internazionale per l’escalation militare tra i due paesi.
Una situazione allarmante alla vigilia del viaggio di Papa Francesco che dal 31 gennaio al 3 febbraio sarà a Kinshasa, capitale congolese, per la seconda visita apostolica di un Pontefice in Congo (il primo a compierla fu Papa Giovanni Paolo II nel 1980 e nel 1985) per poi volare in Sud Sudan, dal 3 al 5 febbraio.
Le dichiarazioni dell’inviato speciale dell’Onu seguono di pochi giorni quelle delle autorità ruandesi, che hanno definito le azioni belliche misure difensive” in risposta “a ripetuti atti di provocazione”.Ma per Kinshasa, il jet Sukhoi-25 è stato attaccato mentre iniziava la fase di atterraggio all’aeroporto internazionale di Goma, capoluogo del nord Kivu, senza violare lo spazio aereo ruandese.

“Gli organismi regionali e il meccanismo di verifica allargato della Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi possono aiutare a stabilire i fatti dell’incidente e chiarire eventuali incomprensioni” ha sottolineato Xia che ha chiesto ai due paesi di “rimanere impegnati” sulle decisioni assunte al mini-vertice dei capi di Stato il 23 novembre 2022 a Luanda, in Angola, e garantire la piena attuazione dell’accordo quadro per la pace, la sicurezza e la cooperazione nella RDC del 24 febbraio 2013”.
Le relazioni tra il Ruanda e la RdC sono state segnate da tensioni crescenti dopo la rinascita del gruppo armato Movimento 23 marzo.
L’M23 ha preso il controllo di una parte della provincia del Nord Kivu in Congo, con violenze e attacchi mortali alla popolazione, costringendo da mesi le persone a fuggire dai loro villaggi.
Kinshasa accusa il Ruanda di sostenere questi ribelli che affermano di combattere contro il governo di Thisekedi per difendere i tutsi congolesi nelle regioni dell’Ituri, del Nord Kivu e del Sud Kivu “contro cui le Fardc stanno compiendo un genocidio” ha dichiarato il colonnello Guillaume Ndjike, portavoce dell’M23.
Sull’altro fronte, il Ruanda, sostiene che il Congo abbia stretto un’alleanza con i ribelli hutu delle Forze di liberazione ruandesi(accusate del genocidio dei tutsi nel 1994) che hanno  basi operative nella zona orientale del paese.
Ma  sul terreno sono molte altre le milizie e le bande criminali che creano instabilità e provocano la morte di civili inermi: si calcola che siano almeno centocinquanta le sigle dei vari gruppi armati.
Tra i più letali  il CODECO, una coalizione di vari miliziani Lendu, spesso descritta come una setta politico-religiosa.
Le ultime atrocità compiute (e documentate dall’Onu) nell’Ituridove a metà gennaio di quest’anno è stata scoperta una fossa comune con 49 corpi, tra cui 6 erano di bambini.M


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