Il placebo dei tecnici

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I tecnici. Largo ai tecnici. Dalla fine della Prima Repubblica i politici indietreggiano davanti agli esperti. La politica delegittimata da Tangentopoli ha lasciato il segno. Anche nella Seconda e nella Terza Repubblica sempre di più la politica lascia spazio ai supplenti, ai tecnici di vario tipo.

Il sistema politico italiano, indebolito e screditato, da quasi 40 anni si affida al “bisturi” dei tecnici per affrontare le operazioni più difficili e rischiose. La prima spallata arriva da Silvio Berlusconi. Il fondatore della Fininvest e di Mediaset si presenta come l’imprenditore vincente, «l’uomo del fare» in grado di rilanciare l’Italia in catalessi. Berlusconi fonda Forza Italia, il Polo della libertà, riunisce il centro-destra frantumato in una alleanza con la Lega. Dirige quattro governi come presidente del Consiglio. Dal 1994, dalla nascita della Seconda Repubblica, domina la scena politica italiana o dal governo o dall’opposizione. Le disavventure giudiziarie lo danneggiano ma non lo abbattono. Ha tutt’ora un ruolo importante anche se non più da protagonista.

Tanti altri imprenditori sono tentati dalla politica, ma con scarsi risultati. Luca Cordero di Montezemolo (Fiat, Ferrari, Italo) più volte annuncia di voler scendere in campo, ma poi rinuncia. Ci sono i dirigenti d’azienda. Carlo Calenda, modi decisi da manager, scende in pista: diventa ministro dello Sviluppo economico nei governi di centro-sinistra con Letta, Renzi e Gentiloni. Fonda Azione, un partito centrista, del quale è il segretario. La sua lista ottiene il maggior numero di voti nelle elezioni dell’anno scorso per il comune di Roma. Ora sembra tentare l’avventura del terzo polo centrista.

Gettonatissimi sono i magistrati. In tanti passano direttamente dalle aule dei tribunali in quelle del Parlamento. Antonio Di Pietro, una star di Mani Pulite getta la toga, si tuffa in politica: promette la rigenerazione morale dell’Italia. Fonda l’Italia dei Valori e per due volte è ministro nei governi di centro-sinistra (Prodi 1 e Prodi 2). Ma non finisce bene, delude. Nel 2012 una inchiesta di Report sulle opacità nella gestione dei rimborsi elettorali pubblici al suo partito lo colpisce al cuore. Lascia la politica.

Le gravi crisi finanziarie aprono le porte agli economisti. Mario Monti, da professore universitario di economia nel 2011 diviene direttamente presidente del Consiglio, scalzando da Palazzo Chigi Berlusconi. È un tecnico osannato con lo sguardo rivolto all’Europa. Presiede un governo di larghe intese. Fonda Scelta Civica. Incassa l’8% dei voti nelle elezioni politiche del 2013. Impone una politica di rigore finanziario e di severi tagli alla spesa pubblica. Alcuni giornali lo definiscono «il salvatore dell’Italia». Taglia i fondi a pensioni, salari, ospedali. È artefice di un «massacro sociale» e di una grave recessione economica. Produce una potente benzina per il travolgente successo del populismo dei cinquestelle creati da Beppe Grillo.

È la volta del comico Beppe Grillo, un tecnico dello spettacolo. Populista, sovranista, dà vita al M5S. Invoca un solenne “vaffa…” da indirizzare all’Unione Europea, all’euro, alla Nato, ai tecnocrati, alle classi dirigenti, ai partiti tradizionali da cancellare. I grillini nelle elezioni politiche del 2018 ottengono un trionfale 32% dei voti, diventano il primo partito italiano. Ma poi deludono gli elettori. Il mai alleanze è contraddetto da tre diversi governi con tre diverse maggioranze (Conte 1 con la Lega di Salvini, Conte 2 con il Pd, Draghi con una intesa di unità nazionale). Il no alle grandi opere in difesa dell’ambiente è smentito dal disco verde alla Tav (alta velocità Torino-Lione) e alla Tap (il metanodotto che attraversa il Mare Adriatico e giunge in Puglia). L’egualitario «uno vale uno», la vantata inesperienza dei giovani grillini in contrasto con i politici di professione, causa gravi danni. Piovono sul M5S una valanga di sconfitte elettorali alle amministrative, uno stillicidio di addii (da Davide Casaleggio ad Alessandro Di Battista) fino alla scissione decisa a giugno da Luigi Di Maio in contrasto con la rifondazione di Giuseppe Conte. In politica Grillo, mai eletto in Parlamento, prima ha uno strepitoso successo come da comico in televisione e in teatro. Poi arriva un micidiale flop.

I virologi vedono il loro astronomico successo sui giornali e le televisioni nel 2020: lo scoppio del Covid con il tragico bilancio di morti e di dolore rende gli epidemiologi delle ascoltate star dal governo per combattere la pandemia. Tuttavia il virus continua a imperversare, causa anche una nuova pesantissima crisi economica. Per affrontare il Coronavirus, la disoccupazione di massa, il rilancio economico ancora una volta la politica indebolita cerca l’aiuto di un tecnico: non è un virologo, è l’economista Mario Draghi.

Anche la Terza Repubblica, quella populista della Lega di Salvini e del M5S di Grillo nata con le elezioni del 2018, si arrende. Alza le braccia all’arrivo a Palazzo Chigi dell’ex presidente della Bce, senza un partito, mai eletto in Parlamento. Lo stimato Draghi supplente, il «salvatore dell’euro», deve fare i conti pure con lo spaventoso dramma europeo della guerra tra la Russia e l’Ucraina. Il Coronavirus nel frattempo rialza la testa. SuperMario deve fare una vera magia per salvare l’Italia dal disastro.

Anche il tecnico Draghi, però, è sconfitto. Il 21 luglio si dimette per un ritorno di fiamma del populismo: i cinquestelle di Conte e i leghisti di Salvini non gli votano la fiducia al Senato (Berlusconi si accoda dopo qualche dubbio). È la crisi di governo, il bisturi dei tecnici anche questa volta si è spezzato. Le elezioni politiche anticipate si terranno il 25 settembre. Sono possibili sorprese. Nel Pd spunta il disegno di candidarlo premier per il centro-sinistra a Palazzo Chigi.  Molti centristi accarezzano l’idea di costruire un partito di Draghi ma per lui sembra disponibile anche la scrivania di segretario generale della Nato. Tutto è possibile.


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