La par condicio è diventata un vuoto. AGCOM, dove sei?

0 0

A guardare le innumerevoli edizioni dei telegiornali o le trasmissioni dedicate alla vicenda politica, un dato emerge con realistica crudezza: la legge n. 28 del 2000 (par condicio) è costantemente violata.

Agli smemorati va ricordato che la normativa è in vigore dalla serata dello scorso giovedì 21 luglio, allorché fu pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (online) il decreto firmato dal presidente Mattarella. Il testo della disciplina sulla parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi elettorali, tuttora in vigore e mai abrogata, introduce tempistiche differenziate per stabilire le modalità di rappresentazione dei soggetti in campo. I criteri sono stabiliti secondo le proporzioni mutuate dalle assemblee disciolte fino alla presentazione delle liste, per divenire egualitari nell’ultima fase.

Tra l’altro, le personalità politiche e il governo possono essere presenti se vi sono strette esigenze di notiziabilità, proprio per evitare forme improprie di cattura del consenso. Insomma, la comunicazione (news a parte) deve avvenire attraverso appositi contenitori collegati alle testate giornalistiche. E poi, naturalmente, vi sono le tribune e i messaggi autogestiti dei vari partiti.

Sull’insieme della materia sono attesi nelle prossime ore i regolamenti applicativi della legge varati dall’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dalla commissione parlamentare di vigilanza. Che dio le assista.

A ben osservare ciò che sta accadendo, per di più di fronte ad un considerevole aumento dell’ascolto dei programmi (il racconto della crisi è insieme dramma e telenovela), siamo davanti ad una secca cancellazione della l.28/2000. Il delitto, forse, non era mai stato così perfetto. Sembra che tutto questo non susciti neppure quel minimo senso di colpa, che pure le infrazioni hanno sempre suscitato.

Tra l’altro, nell’attuale contesto in cui la politica è un format ampiamente utilizzato visto che è spalmato in trasmissioni lunghissime e a basso costo, la par condicio avrebbe un valore persino maggiore.

Non solo. La campagna elettorale si svolge in un caldissimo periodo estivo poco adatto ai già desueti comizi di piazza. I media faranno la parte del leone e la formazione del clima di opinione passerà molto dal video e dalle onde hertziane. I quotidiani, purtroppo, hanno un’influenza minore e la lettura della carta stampata è in costante caduta.

Ma non unicamente i media classici peseranno. Ormai, oltre la metà dell’universo informativo è costituito dai social. Da giorni è in atto qua e là, ad esempio, una (ironica?) richiesta di non andare a votare. Complessivamente, però, va sottolineato il ruolo crescente e pervasivo dei citati social, dove la gara vede in testa Salvini e Meloni, cui segue Conte. Le anime progressiste o di sinistra sembrano stentare ad entrare nelle logiche dell’istantaneità. Troppo spesso si ricorre a Facebook o a Twitter come mere bacheche elettroniche. TikTok è, almeno in parte, ignorato pur essendo il luogo di attrazione delle generazioni giovani.

Ecco, non è venuto il momento di regolare un comparto tanto magmatico, attraverso un indirizzo sui punti essenziali? Quante volte si è detto e quante volte è stato promesso di agire. Invano. In fondo, si tratta di poche questioni, talmente evidenti da non creare verosimilmente contrarietà verso un atto di indirizzo: silenzio elettorale prima del voto, divieto di ricorrere ai sondaggi negli ultimi quindici giorni, messa a punto di una cornice esplicativa per le dirette, trasparenza nei finanziamenti. In particolare, l’attenzione va rivolta, come ci ha svelato Cambridge Analytica, al cosiddetto data mining, il processo di estrazione di notizie utili sulle persone, per profilarne l’identità digitale e influenzarne -con iniziative mirate- le scelte. Sono tecniche sofisticatissime, guidate da algoritmi complessi, che andrebbero resi noti alle istituzioni competenti. Non è tollerabile che le campagne siano condotte da bot artificiali, coordinati da siti esteri. Russia, magari, ma non solo.

Attenzione. Non è un gioco, è una possibile tragedia in arrivo.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21