Liberare arte da artisti: Giacomo Verde al CAMeC di La Spezia

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Il 25 giugno scorso si è inaugurata al CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia, la mostra Liberare arte da artisti. Giacomo Verde artivista realizzata in collaborazione con l’ Università degli Studi Statale di Milano, le Accademie d’Arte di Bari, Brera e Carrara, i collettivi DadaBoom, SuperAzione e Dramatic Iceberg, società di videogame di Tommaso Verde figlio di Giacomo, pioniere della videoarte, artivista convinto e tra i primi in Italia a realizzare opere d’arte interattiva e net-art. Abbiamo incontrato Anna Maria Monteverdi docente universitaria alla Statale di Milano tra le ideatrici della mostra e responsabile della sezione teatrale, già compagna dell’artista per oltre dieci anni, in occasione della proiezione del docufilm Solo Limoni realizzato dall’artista (scomparso il 2 maggio del 2020), durante gli scontri del G8 di Genova accaduti nel 2001 insieme con il poeta Lello Voce, che ha visto anche gli interventi della giornalista Simona Frigerio e di Dalila D’Amico studiosa di media attivismo.

Annamaria Monteverdi

Annamaria Monteverdi ci descrive l’importanza di questa antologica ricca anche di omaggi di amici artisti e che sta avendo risonanza mediatica in tutta Italia: «La presenza di Giacomo alla Spezia è il vero evento, ha lo stesso impatto della retrospettiva del CAMeC dedicata nel 2009 al Professor Bad Trip-Gianluca Lerici, artista visivo e illustratore underground spezzino di enorme fama, altrettanto scomodo e alternativo. Il mio augurio è che la mostra con le tematiche scelte come linee guida, possa suggerire nuove politiche culturali e nuove modalità curatoriali: l’arte non può avere una funzione rassicurante e normalizzante, specie nei tempi che stiamo vivendo, e la mostra che è stata allestita collettivamente al CAMeC non è certo convenzionale o allineata al pensiero unico del sistema dell’arte. Si colloca altrove proprio per rimanere rispettosa al massimo dell’estetica sociale, politica e poetica di Giacomo che sosteneva che l’arte dovesse avere come unica funzione quella di creare comunità partecipate».

Giacomo Verde

Sandra Lischi una delle organizzatrici della mostra (docente all’Università di Pisa), in occasione dell’inaugurazione, ha voluto dedicare un ricordo di alcune persone che hanno accompagnato il lavoro di Giacomo Verde e che non ci sono più: Paolo Rosa, Antonio Caronia, Marco Gazzano, Silvana Vassallo. Le parole azione e relazione hanno mosso questa mostra, per cui credo che vadano ringraziati i vari interlocutori e attivatori: Tommaso Verde, il figlio, Annamaria Monteverdi, che è stata moglie di Giacomo e ha continuato ad accompagnarne il lavoro, anche nella cura per la preparazione di questa mostra; il Dada Boom e gli altri collettivi, Il CAMeC, con le due curatrici Cinzia Compalati e Eleonora Acerbi. Un omaggio, qui, che durerà a lungo, per uno dei maggiori videoartisti e artivisti italiani. Tutti insieme per la messa in moto tanto tempo fa e che non ha smesso di muoversi per mettere a fuoco, a punto, a posto questa mostra con l’idea di rimetterla poi continuamente in disordine, fuori fuoco, fuori posto e soprattutto di renderla allo stesso tempo un abbraccio a Giacomo e un gesto esteso all’esterno. Una mostra che gli assomigli, ci siamo detti più volte. Quindi viva, movimentata, attenta. Gioiosa e allo stesso tempo non riconciliata. Una mostra consapevole di quanto ancora ci sia da fare per trasformare il nostro sguardo sul mondo, per svegliarci, per capire, per attivarci, Attivarci con arte. Artivarci. Che vuol dire non fermarsi alla propaganda, che è un gesto pigro, che confeziona slogan. La negazione dell’arte. E neanche chiudersi nella soddisfazione del bello e del levigato. Arte, dunque, nel senso più alto, come gesto comunque politico, anche solo nell’aiutarci a pensare e a vedere diversamente. “Liberare arte da artisti”, certo, come indica il titolo. Ma anche, in qualche modo, liberare artisti da arte”

Opera di Giacomo Verde

Detto questo, la mostra vuole anche mettere in scena la ricchezza e vivacità di un pensare e di un fare che si muoveva in Giacomo dalle tecniche povere a quelle più pionieristiche e raffinate dal punto di vista tecnologico, dal gesto di attore e dalla voce di cantastorie fino alla computer art, dall’intervento in rete alla distruzione del televisore, dalla fiaba alla videoinstallazione, dalla pittura al pixel e al bit. Un’esplorazione dei tanti modi possibili di scombinare le carte di una tecnologia da vivere da protagonisti, ognuno col proprio gesto creativo, e non da subire. Disturbando, certo, la quiete pubblica e quella privata, ma facendolo col guizzo rivoluzionario e sapiente della gioia, del gioco, del sorriso. Simona Frigerio su IntheNet.eu scrive sul reportage artivista sulle giornate del Genoa Social Forum 200: «Le immagini di quei giorni, filtrate dalla sensibilità di Verde, si ripropongono a noi in tutta la loro feroce bellezza: il corpo di Carlo Giuliani – paradigma di quella violenza – che Verde immortala con un lunghissimo piano-sequenza, sebbene a volte accelerato, perché non è possibile staccare e montare la realtà; le riprese che, a volte, si perdono in quel cielo terso nella concitazione degli avvenimenti, nella tensione degli attimi; l’allegria ingenua di giovani militanti che pensano di potersi riparare dalla ferocia con elmi di cartone e corazze di gommapiuma colorati; le immagini crude che si liquefano tra le frasi poetiche di Lello Voce». La mostra è visitabile fino al 15 gennaio 2023 suddivisa in 3 sezioni che hanno contraddistinto tematicamente l’attività di Giacomo Verde: artivismo, tecnoarte e teatro.


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