Caraibi in protesta e ghetti recintati: il disastro Reale di William e Kate

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“Gli Inglesi abolirono la schiavitû nel 1833 con il trattato Slavery Abolition Act, assicurando ai masters delle piantagioni di canna da zucchero una compensazione di 20 millioni di sterline – il 5% del PIL di allora – equivalente a due miliardi di oggi: furono risarciti gli schiavisti invece degli schiavizzati.” (Flavio Bacchetta, il Manifesto del 20/08/2017)

Massimo disappunto a Buckingham Palace dopo il tour caraibico della “Golden Couple”, il Duca e la Duchessa di Cambridge William e Kate, che proprio in Giamaica – la piú grande delle ex colonie caraibiche della Corona – avevano programmato la tappa principale.

Atterrati a Kingston, la capitale, martedì 22 marzo, la prima manifestazione di protesta è avvenuta davanti all’Alto Commissariato inglese di Trafalgar Road, la strada piú prestigiosa di New Kingston, che è il settore “bello” della metropoli, dove hanno sede ambasciate, uffici governativi e shopping centers di lusso, nonché la celeberrima Devonhouse, museo e patrimonio nazionale, che ai tempi della schiavitù era la prima Greathouse dell’isola, cioè la casa coloniale dove abitavano le famiglie inglesi piú ricche con i loro schiavi incatenati nei seminterrati, la cui proprietà passó successivamente a George Stiebel, il primo miliardario nero della Giamaica.

E proprio sul fosco passato britannico nei Caraibi si è incentrata la protesta: la schiavitù praticata dagli inglesi, la piú lunga e sanguinaria della storia, con milioni di africani deportati in Giamaica e nelle altre isole anglofone dei Caraibi.

Uno scempio a cui Sua Maestà ha sempre fatto orecchio da mercante, senza mai offrire scuse ufficiali, nè tantomeno una compensazione adeguata per i danni materiali e morali arrecati ai suoi sudditi d’oltreoceano. E tuttora succubi.

https://www.jamaicaobserver.com/latestnews/WATCH:_Royal_protest_outside_British_High_Commission_in_Jamaica?profile=1228

Malgrado l’indipendenza formale concessa il 6 agosto 1962, la Regina Elisabetta II è ancora Capo di Stato, sia in Giamaica che nella maggior parte delle isole, con un governatore che la rappresenta ufficialmente a Kingston, il quale in teoria ha potere di veto su ogni Bill (disegno di legge) presentato alla House of Representatives (Parlamento) che deve essere ratificato da costui prima dell’approvazione finale.

Non bastano i Marley

William e Kate se la sono spassata al museo di Bob Marley, per la gioia della Marley Foundation presieduta dalla moglie Rita, dato che il ritorno economico di un evento mediatico di tale portata ha colmato il gap dovuto alla crisi del turismo post pandemia.

Ma per il resto, un flop, largamente annunciato fin dall’inizio, con il rifiuto del governo giamaicano di pagare le folli spese di alloggio e protocollo per la visita della preziosa coppia, tra cui l’inestimabile Land Rover d’epoca rimessa a nuovo, che nel 1962 durante la farsa delle cerimonie per l’indipendenza già scarrozzò Elisabetta e il Duca d’Edinburgo.

Anche stavolta si sono ripetuti il look coloniale e il distacco degli inglesi dalla povera gente, accentuati dall’alta uniforme indossata da William.

Oltretutto, le autorità locali hanno mostrato il solito volto classista, separando nel ghetto di Trench Town le famiglie dal corteo reale con delle oscene reti metalliche, costringendo i bambini a protendere le mani oltre le maglie di ferro per sfiorare quelle dei due rampolli reali.

https://youtu.be/dHbBMbsc3VI

Quella barriera di metallo utilizzata per la segregazione delle famiglie, ricorda i recinti che si usano nei pollai e nei porcili industriali. Nel film “Pane e Cioccolata” interpretato da Nino Manfredi, una scena inquadra gli emigrati italiani in Svizzera negli anni ’60 che vivevano dentro i pollai nella tenuta del padrone.

Della serie: la mentalità schiavista permane, perpetuandosi nel Nuovo Millennio anche graficamente come allora. I neri continuano a non avere per gli Inglesi la stessa valenza umana dei loro “sudditi” bianchi, così come a quei tempi gli immigrati italiani non l’avevano per i datori di lavoro svizzeri.

Tutto ciò é tipico della dicotomia tra Uptown (New Kingston, Trafalgar Road, Devonhouse ect.) e Downtown, (Trench Town, Tivoli Gardens, Denham Town, Rema) con le orride baraccopoli immerse negli slums circondate da rottami e monnezza, che caratterizzano il contrasto giamaicano tra la ricchezza e il lusso sfrenato di una minoranza arrogante e la miseria senza speranza dei bassifondi; privi di tutto, a cominciare dalla dignità umana, per finire all’assenza di un lavoro decente, di sanità e istruzione, che sono privilegi per i figli di quella minoranza citata poc’anzi.

D’altra parte, 3 secoli di schiavismo e colonizzazione becera, han prodotto, oltre allo sterminio di milioni di esseri umani, il frutto avvelenato di una società divisa per caste – dove la maggioranza sgobba per servire un’élite dorata – che non a caso è ancora piú evidente nei tre paesi visitati dai futuri regnanti, cioè Bahamas, Belize e Giamaica. Aldilà delle parole, bastano le immagini scattate nei ghetti.

E il sentimento anti-monarchico cresce sempre di piú; le contestazioni nelle isole visitate lo hanno chiaramente dimostrato.

La colpa maggiore degli inglesi è il loro disprezzo interiore mascherato dall’ipocrisia di facciata: William aveva un’occasione d’oro, davanti a quello steccato da gulag, di prendere il microfono e porgere finalmente quelle scuse tanto attese per le barbarie del passato che si riciclano nel presente e minano anche le fondamenta del futuro. Tanto piú che quella era la loro missione: rinsaldare i rapporti tra la monarchia inglese e le ex colonie, proprio adesso che la proclamazione della repubblica in Barbados, che ha rimosso la regina dal ruolo di Capo di Stato a novembre – unendosi a Guyana, Dominica e Trinidad &Tobago che lo avevano già fatto negli anni 70 – rischia di innescare una reazione a catena inarrestabile.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/09/barbados-fuori-dal-commonwealth-la-corona-inglese-perde-pezzi-e-potere/6384268/

Ma il conflitto principale rimane legato alle compensazioni post slavery, che ancora una volta l’entourage reale ha totalmente snobbato, nonostante una petizione legale inoltrata dallo Stato giamaicano all’Inghilterra, a cui è stata richiesta una somma oscillante tra 7 e 10 miliardi di sterline per mettere fine al contenzioso storico.

Epilogo

William che non è stupido, malgrado tutta l’etichetta obsoleta e dispendiosa sfoggiata nell’occasione, già prima di rientrare in Patria ha definito la trasferta “a true disaster” un vero disastro, marcato oltretutto dalla forzata interruzione della tappa in Belize, a causa del rifiuto di un villaggio di accoglierli, per via della controversia su delle terre che una Ong ambientalista legata alla Corona pretende di controllare. E neanche il Padreterno è stato clemente: venerdì 25 marzo, durante l’ultima tappa in Bahamas, ha mandato giú una pioggia torrenziale, interrompendo i cerimoniali e inzuppato per bene le velleità nostalgiche di W. e K. che han dovuto rinunciare alla Land Rover scoperta.

Un diluvio provvidenziale, a simboleggiare la fine di un’epoca.

E, si spera, l’inizio di un’autonomia reale – ma non in senso monarchico – per queste isole incantate agli occhi dei turisti, ma devastate nell’animo dal retaggio del passato, che si perpetra tuttora.

(Testi e photo credit: © F.Bacchetta)

L’articolo originale dell’autore è stato pubblicato da il Fatto Quotidiano:

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