Se la guerra divide progettiamo la pace

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Cancelliamo la guerra dalla storia dell’uomo o sarà la guerra a cancellare l’uomo dalla storia”. Le parole di Papa Francesco, con la loro forza dirompente, descrivono drammaticamente una minaccia che da più di un mese si è fatta concreta. E’ un’illusione credere che la fine del conflitto scoppiato con l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Putin segnerà l’inizio di una vera pace. Le uniche voci che finora si sono levate sono quelle del riarmo, della corsa a migliorare gli armamenti dell’Europa, Paese per Paese. Ora, se sono comprensibili, se non a volte condivisibili, le prese di posizione di chi oggi sostiene che si debba aiutare con le armi la resistenza ucraina, come si può pensare che una pace duratura si possa costruire mettendo sul tavolo della trattativa carri armati, missili, bombe, ordigni nucleari? Ecco perché se oggi ci si può dividere su come affrontare la terribile congiuntura prodotta dalla scellerata strategia di Putin – reagendo in nome del diritto, dell’umanità, della fratellanza – non lo si potrà, non lo si dovrà fare quando il ripudio della guerra non sarà solo uno slogan ma una costruzione fatta di atti politici, economici, culturali. Servirà una grande unità progettuale con scelte precise che vadano nella direzione della massima cooperazione.

“Vox clamantis in deserto” quella di Francesco o di Gino Strada, a volte con ipocrite adesioni da parte di chi poi ha fatto l’esatto contrario di quanto detto e scritto da due uomini il cui unico interesse è il bene dell’umanità, di tutta l’umanità, senza distinzione di appartenenza.

Quali sono, oggi, le voci che rilanciano quegli appelli? Dove e quando comincerà la costruzione della Pace senza il tragico luccichio delle armi ma nel rispetto e nella comprensione delle ragioni di ognuno? Solo così si potrà “cancellare la guerra dalla storia dell’uomo” e sostituire la paura con la fiducia nel futuro.

Difficile immaginare, oggi, chi possa essere in grado di mettere in atto questo progetto. E’ desolante verificare l’impotenza dell’Onu. A che serve che ben 140 Stati condannino l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin se poi quel pronunciamento diventa rapidamente carta straccia? Come si può continuare a far finta di giocare una partita a scacchi mentre muoiono decine di migliaia di civili, centinaia di bambini, e mentre prosegue il più gigantesco esodo della storia dell’uomo?

La bandiera della pace impugnata da centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo potrà finalmente sventolare senza essere bruciata, sforacchiata disprezzata? Utopistico? Forse. Ma perché rassegnarsi a questo ‘realismo’ che continua a produrre devastazioni, città rase al suolo, civili circondati senza acqua, cibo, elettricità, ospedali devastati mentre quanti ne sono lontani si limitano a prenderne atto come condizione insuperabile, quasi con cinismo?


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