Don Tonino Bello venerabile: chi era il vescovo del grembiule

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Papa Bergoglio incita la Chiesa a uscire dalle sacrestie, camminando tra la gente, affianco ai bisognosi, proprio come faceva Don Tonino Bello, dichiarato venerabile lo scorso 25 novembre. La notizia venne ufficializzata dal presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, mentre era in corso l’assemblea della Conferenza episcopale italiana a Roma.

Proprio in questi ultimi giorni, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, durante la celebrazione della Santa Messa, ha dato lettura del decreto prima nella Cattedrale di Molfetta e poi ad Alessano (Lecce). Un momento di festa e commozione vissuto alla presenza del Vescovo della diocesi di Molfetta – Ruvo – Giovinazzo – Terlizzi, Mons. Domenico Cornacchia, del Vescovo della diocesi di Ugento Santa Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli.  Presenti alla celebrazione anche Mons. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, e tanti altri sacerdoti provenienti da ogni parte d’Italia che a Don Tonino si ispirano.

 

Un passo avanti verso la Canonizzazione

Per la Chiesa cattolica tutti i battezzati sono santi. Lo diventano dopo aver ricevuto il battesimo, sacramento che li rende figli di Dio e membri della Chiesa.

Tuttavia esistono santi che sono più santi degli altri per essersi dimostrati fedeli al Signore in modo speciale, proprio come Don Tonino Bello. Tale riconoscimento avviene al seguito di un processo di Canonizzazione che prevede tre passaggi fondamentali: li riconoscimento come “Servo di Dio”, la venerabilità (attribuita dal Papa) e infine la beatificazione con cui il Pontefice consente, dopo un’inchiesta condotta e un processo istruito a tal fine innanzi alla Sacra Congregazione dei Riti, la sua pubblica venerabilità prima di procedere con la canonizzazione

 

Il Vescovo degli ultimi che ha incarnato la “Chiesa del grembiule”

Don Tonino nasce, il 18 marzo 1935 ad Alessano, una cittadina vicinissima a Santa Maria di Leuca.  L’8 dicembre 1957 è ordinato sacerdote dopo aver conseguito la Licenza presso il seminario di Vengono a Milano e viene nominato maestro dei piccoli seminaristi di Ugento. Nel 1965 si laurea alla Lateranense. Negli anni successivi viene nominato prefetto, vice rettore e infine rettore del Seminario nella sua Diocesi. Studia Teologia presso il seminario dell’ONARMO (Opera Nazionale di Assistenza Religiosa e Morale degli Operai) a Bologna e alla fine degli anni ’70 diventa parroco di Tricase, una cittadina salentina con quindicimila abitanti. Qui, tocca con mano l’urgenza dei poveri, dei disadattati, degli ultimi. Gli viene chiesto di diventare Vescovo per ben due volte ma rifiuta fino all’arrivo della nomina ufficiale che avviene il 30 ottobre del 1982. Nel 1985 succede a Mons. Luigi Bettazzi vescovo di Ivrea, nella guida di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace.

Don Tonino accetta l’incarico ma preferisce non essere chiamato Monsignore fedele alla sua definizione della “chiesa del grembiule” cioè di una comunità cristiana che sa chinarsi umilmente sui piedi degli uomini senza tralasciare di analizzare in profondità le cause delle nuove povertà, che ai segni del potere preferisce il potere dei segni.

 

I migranti albanesi della nave Vlora e il viaggio a Sarajevo

L’8 agosto 1991 la nave Vlora giungeva a Bari, sulle sponde pugliesi dell’Adriatico, Don Tonino intervenne sul campo, non risparmiando parole di rimprovero per chi, di fronte i fratelli albanesi in difficoltà, preferì girarsi dall’altra parte. “Di fronte a ciò che abbiamo visto in questi giorni, vogliamo dire due cose. Anzitutto, vogliamo levare la nostra fierissima protesta per la violazione dei più elementari diritti umani che è stata perpetrata ai danni di tanta povera gente. Le persone non possono essere trattate come le bestie. Prive di assistenza. Lasciate nel tanfo delle feci che il profumo del mare non riesce a mascherare. Mantenuta a dieta con panini lanciati a distanza come si fa nello zoo. Nelle condizioni igieniche più disperate. Senza il minimo di decenza in mezzo a quel carnaio greve di vomiti e sudori. Con servizi di pronto soccorso che solo l’altissima sensibilità dei volontari è riuscita ad assicurare. L’uomo, chiunque esso sia, quali che siano le sue colpe, merita ben altro rispetto.” Parole che risuonano crude e attuali in una terra, come il Basso Salento, che è frequente rotta di flussi migratori.

Dal 7 al 13 dicembre 1992, quattro mesi prima di morire, si recò a Sarajevo, nella ex Jugoslavia, durante l’infuriare della guerra per portare un messaggio di pace tra i popoli. Al suo ritorno scrisse un accorato appello per il disarmo. Morì a Molfetta il 20 aprile 1993.

 

Un filo rosso tra Bergoglio e Don Tonino

Nell’aprile del 2018 Papa Francesco ha visitato i luoghi più significativi del presule pugliese giungendo fino ad Alessano dove giacciono le spoglie mortali di Don Tonino.

La tomba è un piccolo anfiteatro continua meta di pellegrinaggio. Accanto ad essa è stato piantato un ulivo, simbolo della pace a lui così cara. Qui il Pontefice si è fermato solo, in preghiera. Esiste un filo invisibile che lega Papa Francesco al venerabile Don Tonino ed è l’attenzione per gli ultimi, per chi è in difficoltà, per gli invisibili di tutto il mondo.

Foto: Card. Semeraro insieme con il vescovo Mons. Vito Angiuli e il sindaco di Alessano Osvaldo Stendardo sulla tomba di Don Tonino


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