“Caccia” ai giornalisti tra auto danneggiate e pezzi di animali morti. I numeri “sudamericani” forniti dal Viminale. Il caso Lazio

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Forse il “grande pubblico” non sa che praticamente due volte a settimana un giornalista in Italia rischia insulti, minacce di morte, danni alla propria auto, al telefonino e qualcuno trova pezzi di carcasse di animali nella cassetta della posta. Perché tanto odio? E così tanta violenza, costante, convinta? E’ davvero colpa dei giornalisti che non sanno più raccontare l’Italia, oppure è il sotteso del racconto che è diventato incontrollabile? I numeri appena diffusi dal Ministero dell’Interno sono impietosi e non lasciano via di scampo: cresce l’odio verso l’informazione, quella che prima era solo “allergia” verso le inchieste dei cronisti. Ecco cosa dicono i numeri dell’Organismo permanente di supporto per le attività di monitoraggio analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, presentati nella riunione del 23 aprile scorso e dunque aggiornati al primo trimestre di quest’anno. Gli episodi segnalati alle forze di polizia nel 2020 sono stati 163, di cui il 27% in contesti di criminalità organizzata (contro il 17% del 2019), il 69% in contesti socio-politici (contro il 42% del 2019) e di questi larga parte arriva da formazioni di ispirazione neofascista. Nel complesso le minacce ai giornalisti (quelle denunciate) sono aumentate dell’87% rispetto a 2019 e cresce la quota delle aggressioni che avvengono tramite il web. La regione in cui si registra la situazione più critica è il Lazio con 52 episodi intimidatori verso giornalisti nel 2020, seguono la Sicilia (27 denunce), la Campania (19), la Calabria (12), la Lombardia (11), la Puglia (9). Larga parte delle minacce avviene sulla rete, la modalità più diffusa è l’utilizzo di Facebook (34 episodi denunciati), segue Twitter (16), Instagram (7); complessivamente le denunce per intimidazioni dal web sono state 71, mentre le aggressioni fisiche sono arrivate a 30, che è un numero altissimo; dieci i danneggiamenti, 11 le scritte minacciose e/o ingiuriose, venti le minacce verbali, 11 gli invii di proiettili o parti di animali. Il 2021 è cominciato anche peggio del 2020 e nei primi mesi (fino al 30 marzo) si sono registrate già 63 segnalazioni alle forze di polizia, di cui il 13% da contesti di criminalità organizzata, il 19% da contesti sociopolitici e la restante quota da altri contesti. Il Lazio resta sempre la Regione in cui si verifica il maggior numero di episodi ma al secondo posto si piazza a sorpresa la Toscana, con 9 episodi denunciati nel primi mesi del 2021, seguita dalla Lombardia (8), dalla Sicilia (7) e da Puglia ed Emilia Romagna (entrambe 5 casi), poi Campania e Calabria (4). Ed è sempre alto il numero dei danneggiamenti (5), quello delle missive a carattere minatorio (6), le aggressioni fisiche (12), le minacce verbali (12), quelle via social (27). La regione Lazio, con Calabria e Campania, da tre anni sono ai primi posti in modo fisso per le aggressioni di vario genere contro gli operatori dell’informazione. Per quanto concerne il primo trimestre del 2021 si nota un aumento percentuale delle minacce in contesti di criminalità organizzata e una diminuzione delle minacce di origine socio-politica, Nel dossier del Ministero dell’Interno c’è poi un capitolo dedicato alla tipologia delle vittime: nel 2020 il 19% del totale degli episodi è avvenuto contro giornaliste, il 76% contro giornalisti; nel 2021 cresce la percentuale delle donne, passata al 24%.
“E’ evidente, come si temeva e si evinceva dai dossier degli anni passati, che esiste un caso Lazio. – dice il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Giuseppe Giulietti – Siamo davanti ad una vera e propria escalation e a questo punto ci dobbiamo chiedere come aiutare i colleghi a continuare a raccontare un territorio che si sta rivelando feroce verso l’informazione, che dobbiamo proteggere di più. Anche in sede di Osservatorio al Viminale abbiamo chiesto un focus specifico su Lombardia e Puglia, in modo particolare sulla zona di Foggia, dove il racconto giornalistico sta diventando particolarmente difficile”.


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