Vertenze collaboratori, Motta (Clan): «Serve una mobilitazione nazionale»

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«Le vicende sindacali che riguardano giornalisti precari, autonomi e freelance in queste settimane vanno guardate nell’ottica di una ‘macchina del tempo’: se si guarda ai loro guai oggi, si può prevedere cosa sarà il lavoro nel settore dell’informazione e dell’editoria domani», rileva il segretario aggiunto Fnsi e presidente della Commissione lavoro autonomo. «Oggi più che mai – incalza – siamo tutti sulla stessa barca».

«Le vicende sindacali che riguardano giornalisti precari, autonomi e freelance in queste settimane vanno guardate nell’ottica di una “macchina del tempo” dagli altri colleghi: se si guarda ai loro guai oggi, si può prevedere cosa sarà il lavoro nel settore dell’informazione e dell’editoria domani, quest’autunno. Il quadro è di tagli indiscriminati, pessime relazioni sindacali e soppressione di posti di lavoro. Oggi accade agli ultimi della fila, verso cui gli editori si accaniscono non capendo che rischiano di tagliare il ramo sopra cui sono seduti. Politiche che vedono nella riduzione indiscriminata e spietata del costo del lavoro ai precari porterà ad alzare il livello dello scontro e a una brutta figura agli occhi dell’opinione pubblica. Ai colleghi del Messaggero che entro il 14 luglio dovrebbero mettere la loro testa sotto la ghigliottina del “dentro o fuori” con tagli del 30 per cento a fronte di servizi più lunghi dico di non accettare l’ultimatum. C’è uno stato di agitazione dichiarato a fine giugno dall’Assemblea dei giornalisti precari della testata, spero che il Gruppo Caltagirone arrivi a più miti consigli e si sieda a discutere con la compagine sindacale». Questo il commento di Mattia Motta, segretario aggiunto della Fnsi e presidente della Commissione nazionale lavoro autonomo del sindacato, al termine della riunione della Clan, in conference call, di giovedì 2 luglio, durante la quale i rappresentanti regionali dei lavoratori autonomo di tutta Italia hanno affrontato i problemi del settore dal punto di vista dei precari.

«Far finta di non vedere che i collaboratori sono determinanti per l’uscita delle edizioni locali è assurdo. Se l’azienda non accetta di discutere con il sindacato, credo che l’Assemblea dei giornalisti non dipendenti del giornale che ha aperto lo stato di agitazione il 22 giugno sarà costretta a alzare il livello del conflitto. Consigliamo ai manager del gruppo Caltagirone di aprire il confronto ed evitare questa brutta figura», aggiunge Motta.

«Oggi più che mai – incalza il presidente Clan – siamo tutti sulla stessa barca, e non intendo solo redattori e freelance, veri o presunti; ma tutta la comunità che deve vigilare sul mantenimento di un livello della qualità dell’informazione  adeguato alle sfide che aspettano il sistema-Paese è coinvolto da queste vertenze: dal Messaggero alla Gazzetta del Mezzogiorno, che vede i colleghi precari lamentare fino a 14 mesi di compensi non pagati. L’informazione autorevole farà fatica a fare la propria parte se non avrà a disposizione strumenti di corrette relazioni sindacali, e, in prospettiva, strumenti normativi come l’Equo compenso ancora nelle more della Commissione convocata l’ultima volta alla fine di gennaio e che chiediamo, ora più che mai, al governo di riconvocare al più presto».

Per Motta, «sarebbe auspicabile una reazione compatta di Cdr e redazioni, con Assostampa sui territori e Fnsi, contro queste logiche aziendali secondo cui il taglio indiscriminato del costo del lavoro è l’unica strada per arginare la crisi Covid. Affidare a precari pagati 7 euro al pezzo la copertura delle provincie, abdicare alla qualità dei prodotti editoriali e chiudersi a riccio di fronte a tutte le richieste del sindacato è un atteggiamento che deve compattare tutta la categoria su valori di fondo della comunità giornalistica. Il settore “non respira”, per questo iniziative come quelle assunte  dal Coordinamento dei Cdr del Veneto a tutela della filiera dell’informazione è ossigeno puro per i precari giornalisti e per il settore intero. Serve una mobilitazione nazionale».


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