Il libro  di Caselli e Loforte può essere una bussola per chi avesse voglia di cercare la “giusta rotta”

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Sono i  magistrati che debbono fare un passo indietro o la politica che deve fare non uno, ma “Cento passi” avanti nella lotta contro le mafie e le sue perverse connessioni?
Questa è la prima domanda che mi sono posto dopo la lettura de “Lo Stato illegale”, edizioni Laterza, 2020, scritto da due giudici rigorosi,competenti,coraggiosi come Giancarlo Caselli e Guido Loforte.
Non si tratta di una raccolta di saggi o di un’antologia di pezzi già pubblicati, ma di una documentata ricostruzione dei rapporti tra politica e mafia, capace di andare oltre il già detto e il già scritto e di fornire un “Contesto” ai testi e alle sentenze che, altrimenti, potrebbero essere di difficile lettura per i non addetti ai lavori.
Il libro, scritto a quattro mani, potrà rivelarsi un prezioso strumento di consultazione e di lavoro sia per gli specialisti , sia per chi vuole tentare di capire come la mafia non sia una anomalia caduta dal cielo, ma un fenomeno che affonda le sue radici nel tempo e che ha saputo intrecciare, nel mutare delle stagioni, alleanze con il mondo delle istituzioni, della politica, della finanza internazionale e nazionale, della massoneria, senza trascurare i patti siglati, nel dopoguerra, con gli americani e con la Chiesa.
Alla luce di questa lettura, si scopre il filo che collega Portella della Ginestra alle esecuzioni dei sindacalisti , alle stragi di magistrati e poliziotti, all’eliminazione dei Mattarella e dei La Torre, all’assalto al “cuore dello Stato” con l’esecuzione dei Dalla Chiesa,di Falcone e Borsellino….
Ogni volta, il polipartito, per usare la definizione di Caselli e Loforte, composto da mafiosi, collusi,opinionisti a tariffa,ha trovato il modo di risorgere, di spargere veleni contro gli inquirenti, di trasformare il boia in vittima, di ritrovare equilibri e alleanze funzionali alla conservazione del potere e degli interessi.
Emblematico, sotto questo profilo, il processo a Giulio Andreotti.
“..é concretamente ravvisabile, a carico del l’imputato, il reato di partecipazione all’associazione per delinquere per avere, e non senza personale tornaconto, consapevolmente e deliberatamente coltivato, una stabile relazione con il sodalizio criminale..”
Andreotti, come é noto, é stato assolto, ma la Corte d’Appello nel confermare l’esistenza di questi legami, ha scritto parole che, ovunque, avrebbero comportato l’immediata conclusione di una qualsiasi carriera politica.
Da noi il polipartito é riuscito, con una gigantesca operazione politica e mediatica, a ribaltare i ruoli, mettendo sotto processo i giudici e celebrando il senatore come un padre della patria senza macchia, quasi un martire della lotta contro le mafie.
Una vicenda oscura e inquietante che spiega molto sulle ragioni della forza della mafia nella storia passata e presente dell’Italia.
Da notare come il “Polipartito”, forte e penetrante anche  nel mondo dell’informazione, (basterà consultare anche la bibliografia e le note che accompagnano il libro), abbia sempre avuto nel mirino non i casi di “Malagiustizia”, ma i magistrati e i Poliziotti che avevano e hanno “Illuminato” le trattative, le collusioni, vedi il ruolo di Marcello Dell’Utri, le alleanze elettorali,gli scambi di protezione, gli appoggi “Esterni” alle associazioni mafiose.
Il polipartito non attacca mai i giudici che archiviano, omettono, nascondono,così come non attacca mai il giornalista che non sa, non vede, non sente, ma aggredisce, diffama, bastona chi scava, chi indaga, chi scopre le alleanze, chi individua i nomi e i cognomi dei mandanti e degli esecutori
In quell’istante si attiva la macchina del fango e i giudici,i poliziotti, i carabinieri, i giornalisti che fanno il loro mestiere e “Onorano” la Costituzione diventano “esibizionisti, carrieristi, quelli che vogliono la scorta, quelli che rovinano le persone di rispetto e vogliono distruggere l’immagine della Sicilia e dell’Italia..”
Memorabile, in questa direzione, l’invettiva di Berlusconi contro gli scrittori e gli autori che scrivono troppo di mafia e mafiosi…
Leggendo le pagine de “Lo Stato illegale” , per tornare alla domanda iniziale, sarà più facile comprendere che, invece, di lamentarsi per i passi in avanti della magistratura, forse le istituzioni e la politica dovrebbero avanzare  centinaia di metri e ritrovare quella tensione e quella passione etica che hanno ispirato, il 13 gennaio del 1982, la legge Rognoni-La Torre ; Confische e definizione del reato di associazione mafiosa  spaventarono davvero le famiglie mafiose e le costrinsero a ridefinire la loro strategia.
Oggi, in condizioni mutate, come ripete sempre Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, servirebbe uno scatto da parte della politica, e non solo, per tagliare le radici sociali ed economiche sulle quali la mafia continua ad appoggiarsi per continuare ad accumulare dividendi e profitti.
Le risorse, le idee, i progetti le proposte, le energie dei mondi vitali non mancano e il libro  di Caselli e Loforte può essere una bussola per chi avesse davvero voglia di cercare la “Giusta rotta”


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