Condannati in Turchia per terrorismo i registi di Bakur, storia della resistenza curda

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Alla fine la ‘condanna annunciata’ è arrivata. La sentenza per  Çayan Demirel e Ertuğrul Mavioğlu, sotto processo per aver realizzato un documentario sulla resistenza curda, era già scritta.
La Corte penale di Batman ha emesso a loro carico un verdetto di  4 anni e 5 mesi di reclusione per il docufilm ‘Bakur’, dichiarato opera di propaganda terroristica.
Demirel e Mavioğlu avevano girato le scene del documentario, che racconta il tentativo di raggiungere un accordo di pace tra il PKK e la Turchia dopo un conflitto durato decenni, durante il cessate il fuoco del 2013/2014.
Censurato perché ritenuto ‘eversivo’ Bakur non ha potuto raggiungere il grande pubblico, fatta eccezione per piccoli festival indipendenti che hanno resistito alle pressioni governative e lo hanno proiettato.
Né Mavioglu né Demirel erano presenti in tribunale e non hanno potuto pronunciare le loro dichiarazione finali prima della sentenza, pronunciata dai giudici senza aver sentito gli imputati e nonostante le proteste avanzate dagli avvocati della difesa per la loro mancata presenza
La Corte ha anche vietato a entrambi di recarsi all’estero perché “possono commettere lo stesso crimine” e “sfuggire alla reclusione”.
Cayan Demirel è un documentarista pluripremiato.  Il suo documentario sulla prigione di Diyarbakir, che racconta le condizioni disumane e le torture perpetrate nei confronti dei detenuti kurdi dopo il colpo di stato del 1980, ha vinto riconoscimenti in vari festival.  Bakur era la sua sesta opera.
Ertugrul Mavioglu è un giornalista e scrittore.  Ha pubblicato vari libri sulla recente storia politica della Turchia. Arrestato più volte solo per aver fatto il proprio mestiere ha trascorso già otto anni in carcere.
Questo verdetto è una chiara minaccia per tutti i registi e per il libero pensiero, come hanno denunciato in conferenza stampa i due registi insieme ai loro produttori e alle organizzazioni che si occupano della difesa del diritto alla libertà di espressione e che hanno promosso per oggi una manifestazione di solidarietà in piazza Taksim.
“Bakur descrive l’intimità della vita dei combattenti curdi e le motivazioni della guerriglia che si scontra con l’esercito turco – ha raccontato Mavioğlu parlando ai giornalisti – Non può essere considerata propaganda, volevamo solo mostrare la loro realtà, le loro aspettative. Non siamo noi che raccontiamo la storia curda, ma loro stessi”.
Il caso di Bakur non è un episodio isolato. Se le produzioni non superano il vaglio della Direzione Generale del Cinema sono destinate alla censura.
PEN International, un’associazione di scrittori fondata a Londra nel 1921 per promuovere la letteratura e la cooperazione intellettuale in tutto il mondo, denuncia da tempo che “il Governo turco è impegnato nell’ostacolare la libera espressione artistica”.
Gradualmente il controllo censorio è diventato, secondo la ong, il problema più importante al centro della vita culturale in Turchia.


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