Le parole di Francesco sono una spinta potente per chi non si rassegna ad una comunicazione violenta

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Non sa parlare soltanto ai credenti il messaggio di Papa Francesco per la 53esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Già il tema scelto – “Dalle social network communities alla comunità umana” – chiama in causa chiunque durante la giornata maneggi uno smartphone. E la rete è assunta in tutta la sua centralità, superando quelle distinzioni tra mondo reale e mondo virtuale con le quali, all’alba dell’era di Internet, pensavamo di circoscriverne la dirompente penetrazione: “L’ambiente mediale oggi è talmente pervasivo da essere ormai indistinguibile dalla sfera del vivere quotidiano”.

Ma non c’è nessuna demonizzazione di questo suo ruolo ormai ineliminabile: “la rete è una risorsa del nostro tempo. E’ una fonte di conoscenze e di relazioni un tempo impensabili”. Indietro non si torna, non c’è motivo di nostalgie. Piuttosto si tratta di guardarne in faccia anche i rischi ai quali ci espone: la disinformazione, la “distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali”, una continua “contrapposizione nei confronti dell’altro”, la produzione di “spirali di odio”.

Come superarli, questi rischi? La risposta non la può dare la tecnica: “E’ chiaro che non basta moltiplicare le connessioni perché aumenti anche la comprensione reciproca”. La via indicata è un ‘noi’ che interpella tutti gli uomini e le donne di buona volontà: a dare senso positivo alla rete può essere solo la rete delle relazioni umane, la rete di una comunità capace di ascolto reciproco e di dialogo, che usa la parola in modo responsabile. “Siamo membra gli uni degli altri”, l’espressione usata da San Paolo che dà il titolo al Messaggio, non ha solo un significato religioso: vale per chiunque creda in quella che oggi chiamiamo ‘coesione sociale’, il valore al quale ci sta richiamando con tanta preoccupata insistenza, quasi in ogni suo intervento pubblico, il Presidente Mattarella.

Nel tempo in cui alzano la voce i tifosi della lacerazione sociale, e chi ne fa uso politico sembra avere il vento in poppa, le parole di Francesco sono una spinta potente per chi non si rassegna ad una comunicazione violenta. Per tanti di noi, anche un impulso forte a proseguire sulla strada sulla quale ci siamo incamminati col ‘Manifesto di Assisi’, nato proprio dal rifiuto di parole usate come pietre, in rete e fuori. “Connettiamo le persone”, ci siamo detti ad Assisi, assumendo l’impegno di essere presenti nelle piazze digitali, ma anche nelle scuole, tra i giovani, per provare ad aprire insieme le “camere dell’eco” in cui crescono settarismo e intolleranza. L’incontro del primo febbraio in Fnsi con padre Spadaro sul messaggio di Francesco è un’occasione in più per rilanciare questa azione.

*coordinatore del Comitato tecnico-scientifico di Articolo 21


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