Egitto, libera dopo 7 mesi di prigionia Amal Fathy, moglie del consulente della famiglia Regeni

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É finalmente libera. Amal Fathy, moglie del direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà e consulente della famiglia Regeni, è stata rilasciata dopo quasi 8 mesi di dura prigionia.

L’attivista egiziana, militante del Movimento 6 aprile, era stata arrestata l’11 maggio per aver denunciato attraverso un video su Facebook di essere stata vittima di molestie sessuali, lei come migliaia di donne in Egitto, nel silenzio e la complicità delle autorità egiziane che nulla fanno per difenderle.  Ad annunciarlo sul suo profilo Facebook lo stesso Lofty, che ha atteso con un mazzo di fiori bianchi la compagna all’esterno della stazione di polizia dove era stata trasferita dal carcere il giorno prima per le formalità del rilascio. Ci sono voluti 9 giorni affinché venisse dato seguito alla decisione del Tribunale penale del Cairo che aveva ordinato la scarcerazione della donna su cauzione e con l’obbligo di presentarsi presso gli uffici di pubblica sicurezza due volte a settimana. Restano pendenti su di lei le accuse di essere “militante in un gruppo terroristico” e di aver diffuso notizie false. In particolare Fathy era stata accusata di aver cospirato insieme ai Fratelli musulmani, gruppo fuorilegge in Egitto, per minare le ultime elezioni presidenziali, stravinte dal presidente Abdel Fatah Al Sisi, e di aizzare l’opinione pubblica contro la leadership politica del paese, usando Internet per diffondere notizie false e idee che avrebbero potuto portare, secondo gli inquirenti egiziani, ad attentati terroristici. La giovane, madre di un bambino di tre anni, era stata condannata lo scorso primo ottobre a due anni di carcere (pena sospesa su cauzione) per la pubblicazione del video sulle molestie ritenuto “indecente”: nel filmato criticava il governo per la sua incapacità di contrastare il fenomeno delle molestie sessuali.

Accuse gravissime quanto pretestuose, il motivo vero del suo arresto è l’essere la moglie di Lofty. Hanno usato lei per colpire il suo impegno come consulente dei Regeni e attivista per i diritti umani.

E anche se ora è libera presto riprenderanno i processi sia per le imputazioni di “adesione a un gruppo terroristico” che di “uso di Internet per istigare a compiere atti di terrorismo”.

Intanto il 30 dicembre è previsto l’esito dell’appello contro la condanna a due anni di carcere emessa a fine settembre per il caso delle molestie.

Articolo 21 continuerà a seguire le sue vicende e a impegnarsi, con Giulio siamo noi, Paola Deffendi, mamma di Giulio, e l’avvocaro Alessandra Ballerini, nella difesa dei diritti di questa giovane donna, oltre che chiedere sempre con maggiore convinzione ”Verità per Giulio Regeni”.

 


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